La fotografa e graphic designer Marilena Imbrescia: «La Barbie? Troppo rigida. Fui incantata dai fumetti»

La fotografa e graphic designer Marilena Imbrescia: «La Barbie? Troppo rigida. Fui incantata dai fumetti»
La fotografa e graphic designer Marilena Imbrescia: «La Barbie? Troppo rigida. Fui incantata dai fumetti»
di Valentina Berdozzi
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Domenica 19 Maggio 2024, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 11:10

In un celebre film d'animazione che ha segnato profondamente la storia del genere, fermo su un piedistallo in mezzo alla scena, Topolino, l'apprendista stregone di casa Disney, agita le braccia in una pioggia di luce e acqua, di effetti speciali e abbaglianti, in un crescendo d'emozione che segue l'andamento delle note. È un'esplosione di colori, un turbinio infinito di scintille che volano, roteano, riempiono la scena, con le onde che montano e le nuvole che fanno da cornice. Esattamente come i ricordi tra le parole di Marilena Imbrescia, fotografa e graphic designer: al centro della memoria, sono i fermo immagine degli anni passati ad accalcarsi verso la luce, raccontando un animo fantasioso e un estro brillante, custodendo l'immagine di una bambina che amava leggere i fumetti e ne rimaneva incantata dai disegni, una «se vuoi, un po' strana, che della fantasia ha fatto sempre un'arma e una strada», ammette ridendo Marilena. Nel suo mondo, di oggi come di ieri, il filo assoluto che regge tutto si chiama invenzione, creazione, visionarietà. In una parola: fantasia.

L’infanzia

«Quella non mi è mai mancata - comincia - già da piccolina, appena afferravo foglio e matita. Ogni attimo era buono per starmene seduta a creare, a scarabocchiare, a riempire pezzi e pezzi di carta in quello che era il mio modo assoluto di tirare fuori le emozioni ed esprimermi. L'ho capito subito che il disegno era parte di me, la strada che avevo per uscire dal mio corpo e vivere altre vite, camminare nel mondo, tradurre pensieri, costruire discorsi. Molto spesso, durante le lezioni di storia, letteratura o matematica, sgattaiolavo via dalla mia aula e correvo in tutta la scuola alla ricerca di classi in cui invece in quel momento si stava disegnando. Disegnare per me era essenziale, era ossigeno e vita. Sin da subito e candidamente per tutti: fu immediatamente chiaro alle mie maestre delle elementari che, ciclicamente durate l'anno, in momenti particolari, dalla terza elementare in poi mi affidavano il compito di realizzare sulla lavagna della classe disegni di benvenuto per gli studenti che si sarebbero seduti tra i banchi. Per loro era un'accoglienza festosa e colorata e, per me, un modo privilegiato di fare qualcosa che mi mandava la settimo cielo». La felicità, ci si ripete spessissimo, staziona tra le piccole cose. Si rintana tra le pieghe della vita o tra le pagine che compongono il libro speciale della nostra esistenza. Per Marilena, quel tomo ha fattezze specifiche e pagine intense e meravigliose, zeppe di storie e forme perfette. Sono i fumetti incontrati da piccola, «i Topolino che sfogliavo ipnotizzata dai colori e i fumetti Marvel che scoprii quando non sapevo neanche leggere - confessa -: ero piccola davvero quando mi capitò tra le mani la storia di Devil, supereroe cieco che combatteva il crimine sfruttando gli altri quattro sensi. Fu subito amore: io, che all'epoca possedevo una Barbie con cui non giocavo mai perché aveva gambe così rigide da non poterle far fare nessun movimento, ero così colpita dalle belle forme realizzate tramite il disegno, dalle fattezze fisiche rese sulla carta, dalla tridimensionalità di quei corpi torniti e perfetti che, oltre a preferire alla mia bambola imbalsamata i soldatini o Big Jim, appena potevo mi immergevo nelle pagine di quell'opuscolo, che fu il primo di una lunghissima serie. Dovetti faticare a far digerire a mia mamma e a mia nonna questa mia passione. Ci riuscii piano piano e proprio mia nonna divenne una valida alleata quando, accompagnandomi in edicola, apriva il portafogli e foraggiava la mia passione. Era un gioia enorme, soprattutto quando riuscivo a trovare buste con all'interno numeri doppi: in quegli attimi la felicità era davvero a portata di mano, coccolata dalle storia di quei supereroi che si facevano largo nel mondo nonostante limiti fisici o le loro stranezze caratteriali. Sono sempre stata una bambina socievole ma in quei personaggi del tutto sui generis, al limite della socialità e un po' defilati mi sono sempre specchiata, rivista e ritrovata»

I tratti

L'immagine precisa di sé riescono a renderla soltanto i tratti rapidi, veloci ed essenziali del disegno. «Adoro le forme comunicative veloci come il pirografo, la tecnica che sviluppai alle medie sotto la guida del professor Lucio Guarnieri: fu per me un grandissimo maestro, che mi capì e mi indirizzò verso quello che sarebbe stato il mio futuro ed è sempre stata la mia passione».

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