ANCONA - Mancini sì, Mancini no. Il dibattito sull’opportunità di mantenere attivo l’ingaggio dell’ex ct della Nazionale quale testimonial delle Marche è sempre più effervescente. E rimbalza da un Comune all’altro, tra i sindaci, in particolare quelli delle città che compaiono negli spot promozionali, che assumono le posizioni più eterogenee. C’è chi invoca uno switch Mancini-Tamberi (per primo il sindaco Matteo Ricci di Pesaro), e chi fa quadrato attorno all’allenatore jesino (inutile dire che tra i templari del Santo Graal del calcio nostrano c’è il primo cittadino della sua città d’origine).
Le riflessioni
Ma al netto delle rispettive e rispettabili opinioni dei sindaci, il ragionamento ora è sull’effettivo indotto che le Marche potrebbero trarre nell’avere un uomo immagine che abbraccia una nuova sfida dove i risultati per la posta in gioco sono ancora tutti da dimostrare. «Mister Mancini è e deve restare l’immagine delle Marche - afferma convinto il sindaco di San Benedetto del Tronto, Antonio Spazzafumo -.
Campioni a confronto
Neanche l’esclusione dai mondiali 2022 aveva fatto vacillare la sua immagine. Questa storia dell’addio agli Azzurri per volare in Arabia Saudita sembra aver avuto un effetto più impattante. Il gruppo regionale consiliare Pd ha depositato un’interrogazione sull’opportunità di proseguire o meno nella collaborazione da 651 mila euro «originariamente legata alla partecipazione dell’Italia agli Europei - si legge -, ma ora che non allena più la Nazionale non sono venute meno le ragioni che hanno portato alla scelta di Mancini?». Ricci, il sindaco di Pesaro, ha lanciato addirittura la cordata pro-Tamberi. «Aprire un concorso su chi ci rappresenti meglio non è opportuno - frena immediatamente Fiordelmondo -. Dobbiamo, invece, aprire un ragionamento all’interno di un contesto che ritiene più giusto mettere insieme glie elementi positivi, non in concorso». Tradotto: Mancini-Tamberi, ognuno testimonial delle Marche. Più ne abbiamo, meglio è. Di fatto l’oro mondiale di salto in alto ha in essere un contratto da testimonial social della regione. Ad ogni modo la diatriba tra chi, oggi, possa essere il miglior veicolo di promozione delle peculiarità marchigiane è più che mai trend topic del momento. E soprattutto argomento divisivo, che elude, per certi versi, dalla solita accondiscendenza tipica dell’appartenenza politica. Infatti, sebbene la linea-Acquaroli sia di ferrea difesa della posizione pro-Mancini, non tutti i sindaci della stessa famiglia la vedono nella medesima maniera. Una visione non opposta, ma allo stesso tempo nemmeno prostrata alle esternazioni del governatore per cui Mancini non si tocca. «Sono piuttosto perplesso - ammette Daniele Silvetti, sindaco di Ancona -, senza nulla togliere alle gesta atletiche e ai risultati ottenuti, mi aspetterei da parte dell’ex Ct una riflessione se sia opportuno oggi essere simbolo di un territorio».
La terza via
Silvetti intravede una terza via: «Allora si valuti un’ipotesi di istituzionalizzare la sua figura e renderlo veramente un ambasciatore delle Marche in Arabia Saudita». E su Tamberi non ha dubbi: «Preferisco tenerlo per la mia città». Qualche perplessità anche da parte del sindaco di Genga, Marco Filipponi: «Onestamente da italiano prevale il senso di amarezza - afferma -, ma voglio vederci l’elemento positivo: la sua fama sarà utile spenderla in Arabia Saudita, anche se quel mercato turistico non è proprio il nostro core business». Il sindaco di Loreto, Moreno Pieroni, già assessore regionale al Turismo, la pensa come Silvetti: «Dovrebbe essere lo stesso Roberto Mancini a valutare l’opportunità di restare ancora testimonial della regione - afferma - e, nel caso, fare un passo indietro». Ma resta altrettanto critico sull’utilità di un testimonial per promuovere le Marche: «Ciò di cui davvero hanno bisogno le Marche - ribadisce - sono investimenti robusti in azioni di marketing nei contesti che contano».
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