Guerra in Ucraina, crescono i timori degli industriali: «I russi compravano, difficile trovare altri mercati»

Guerra in Ucraina, crescono i timori degli industriali: «I russi compravano, difficile trovare altri mercati»
di Massimiliano Viti
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Giovedì 10 Marzo 2022, 08:25

FERMO - Nella provincia più esposta d’Italia (non solo a livello di calzatura) nei confronti della Russia si chiedono ristori, cassa integrazione e finanziamenti per poter de-russizzare la collezione rendendola appetibile per altri mercati. Perché oltre al sostegno necessario per poter tamponare l’emergenza si pensa a come sarà il futuro senza due mercati importanti soprattutto per chi ha un brand proprio. Se per la scarpa fermana l’export con la Russia e l’Ucraina pesa quasi il 13% sul totale export, prendendo in esame solo le aziende che hanno un marchio proprio questa percentuale si alza fino ad arrivare a punte dell’80-90% in certi casi. Pertanto nelle stesse condizioni denunciate nei giorni scorsi dall’imprenditore Marino Fabiani versano molti altri colleghi che fino al 23 febbraio pensavano ad una stagione promettente capace di far recuperare un po’ di terreno perso con la pandemia.

 
La posizione
«Qui nel distretto Fermano-Maceratese siamo tutti Marino Fabiani.

Ha parlato lui per tutti noi» sintetizza Gianfranco Butteri che ha l’azienda omonima a Montegranaro e gestisce insieme a Ilasio Renzoni di Porto Sant’Elpidio la società Lab Milano. «Noi siamo esposti per l’80% tra Russia e Ucraina e abbiamo circa 10.000 paia di scarpe ferme in magazzino e destinate alla Russia. Fortunatamente abbiamo una esposizione limitata con le banche. Credo che per tutti noi la resistenza è da uno a tre mesi. Molto difficilmente queste 10.000 paia potranno essere vendute altrove, sia perché i mercati sono poco dinamici causa Covid e sia perché sono prodotti orientati al mercato russo e quindi poco appetibili altrove. Forse in Cina ma il mercato accoglie soltanto griffe» afferma l’imprenditore veregrense.


L’anno
Lui stesso sottolinea come «nel 2014, dopo l’invasione della Crimea da parte della Russia e conseguenti sanzioni, abbiamo perso il 40-50% del fatturato e ci siamo riorganizzati. E ora subiamo la seconda mazzata. Una fine della guerra oggi? Magari, ma i danni sono stati ormai fatti. Come credere che i due mercati possano riprendersi come se nulla fosse successo?». Butteri racconta di clienti ucraini che stanno scappando verso altri Paesi per mettersi in salvo e di molti clienti russi che sono spariti.


Le cifre
Al calzaturificio Giovanni Fabiani Russia e Ucraina generano il 90% del fatturato. «L’esposizione è cresciuta in questi due anni di pandemia perché solo questi mercati hanno continuato a comprare con una certa regolarità» precisa il fondatore e titolare Giovanni Fabiani, che poi prosegue: «Poi dalla sera alla mattina è cambiato tutto. Ora spero che possa cambiare qualcosa in fretta. Mi sto organizzando per vendere altrove ma non è così facile e né immediato». Il calzaturificio Blue Stars di Montegranaro esporta il 60% della produzione a marchio proprio in Russia. Percentuale che scende con i ricavi che sono provenienti dall’attività conto terzi.


Le urgenze
«Abbiamo bisogno di liquidità immediata e ristori sulle rimanenze. Senza incassi le imprese non possono nemmeno acquistare i materiali dai fornitori ma è difficile andare avanti anche a livello psicologico. Dopo due anni di pandemia le prospettive sembravano buone» afferma il proprietario Luca Guerrini che poi continua: «Ora dobbiamo fare i conti con due mercati che sono saltati e il contraccolpo vero lo sentiremo dalla prossima stagione. Il cambio del rublo rende impossibile il business».

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