FERMO - Frenano di nuovo le prime dosi. Nei centri vaccinali, in farmacia e dal medico si fanno quasi solo richiami. Era così già da un po’, ma l’obbligo vaccinale per gli over 50 aveva dato nuova linfa alle prime somministrazioni. Che, però, è durata poco. Nel giro di qualche settimana, l’onda degli irriducibili che, alla fine, si sono convinti s’è esaurita. S’era visto sabato l’altro alla Don Dino Mancini di Fermo e s’è visto ieri all’ex ospedale di Montegranaro, dove c’è stato il terzo open day per i non prenotati (il prossimo sabato prossimo).
Erano 700 le dosi messe a disposizione dall’Av 4.
Sempre allo stremo il Murri, con cinque posti su sei di Terapia intensiva occupati e tutti i trenta letti di Malattie infettive pieni. Sulle difficoltà è intervenuto ieri il gruppo consiliare Fermo Forte che chiede alla Regione «l’aumento del personale sanitario in tutti i reparti, in particolare in quelli con gravi carenze, al fine di garantire una risposta adeguata all’emergenza in corso e di creare i presupposti per un’efficiente attività di routine una volta finito il periodo pandemico». Altro personale non sanitario «per velocizzare e semplificare le procedure amministrative a carico dei cittadini», più letti «vista la grave carenza che vede la sanità fermana agli ultimi posti in regione», emodinamica e robot chirurgico «indispensabili per garantire l’avanzamento tecnologico e la tutela della salute nelle emergenze cardiologiche», le altre richieste del gruppo consiliare. Che «sollecita il completamento dell’ospedale di Campiglione entro il 2022», che denuncia «l’attendismo dell’assessore regionale alla Sanità, che sottostima le esigenze di questa provincia, deficitaria rispetto alle altre marchigiane» e che chiede la convocazione di un Consiglio comunale «per discutere le proposte programmatiche in campo sanitario».
Problematiche che ieri la Cisl di Fermo ha sottoposto al prefetto Vincenza Filippi in una lettera aperta. Donati ricorda le innumerevoli carenze a livello di personale e si rivolge alla Prefettura «per denunciare pubblicamente situazioni intollerabili riconducibili non solo all’area sanitaria-assistenziale ma anche a quelle tecnica e amministrativa, aggravate da lentezze e omissioni da parte del livello decisionale locale, aziendale centrale, regionale che continua da anni. Le conseguenze di tutto questo a brevissima scadenza, potrebbe essere l’impossibilità di garantire i livelli minimi delle prestazioni a pazienti e cittadini utenti».
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