Polenta regina d'inverno, i vini "fatti a mano"
brodetto a miglio zero e uova di quaglia
col tartufo: festa dei sapori anche a febbraio

Martedì 20 Febbraio 2024, 16:51 | 3 Minuti di Lettura
Polenta regina d'inverno, i vini "fatti a mano", brodetto e uova di quaglia con il tartufo: nelle Marche festa in cucina anche a febbraio

Arcevia celebra la polenta

Femmina, la polenta è una generosa matrona. Ama tutte le farine. Più di tutto quella di mais ma anche quella di farro, di grano saraceno, d’orzo, di miglio e di castagne e non disdegna quella di fave e pure di fagioli. Unico difetto richiede una santa pazienza che sui nostri Appennini non gli è stata mai negata. Ieri, era un piatto povero, oggi è un cult perché è uno di quei rari piatti che si meritano la “p” maiuscola: la Polenta non è solo sapori ma storia di comunità e crocevia di imperi.

La colpa

La colpa è di quei quattro chicchi di mais che, di ritorno dalle Americhe, il nobile Pietro Gaioncelli, nel 1658, scoprì nel fodero della sua spada. Chicchi che piantò in Val Camonica. Anche se fu solo ad inizio '800 che il mais divenne il sostentamento della popolazione italica nonostante il suo grave limite nutrizionale: rende indisponibile all'organismo la vitamina B3 o PP e può scatenare la patologia della pellagra. Un problema che Maya ed Aztechi avevano superato consumando il mais cucinandolo dopo averlo immerso in un bagno di acqua e calce rendendo di nuovo assorbibile le vitamine. Da questa settimana fino al 17 marzo, i ristoranti di Arcevia celebrano il “Mays ottofile di Roccacontrada”, antico nome della città. Un appuntamento imperdibile per i buongustai. Declina le bontà di una pannocchia dai colori rosso, arancio e giallo recensita dall’Amap regionale. È macinata a pietra e produce una farina dall'odore delicato che, cucinata, si distingue per il suo aroma intenso e il suo sapore. Così speciale che, nel corso di una disfida mondiale nel 2015 nelle valli bergamasche, si è imposta come campione del mondo delle polente prodotte con antichi mais. In pratica ha steso nel paiolo polente nobili come quella a base di “Mais Biancoperla” o la “Spinosa di Val Camonica”. La sua riscoperta è una good practice tutta da copiare. È il risultato di un progetto tra Comune, lo storico Alfiero Verdini, l'azienda agricola del custode Marino Montalbini e gode del contributo della Genetica Agraria del Dipartimento di Scienze degli Alimenti della Politecnica delle Marche.

Le location

“Una Domenica Andando a polenta” coinvolge quest’anno 11 ristoranti che propongono due menù al prezzo fisso di 30 euro. La versione “mare” si assaggia “Ai Pini” che propone la polenta al ragù di pesce, a “La cantina di Bacco” con cacio e pepe e al sugo di baccalà, a “Le Betulle” con gamberi e vongole. La versione “monti” prevede al ristorante “Il Rustico”, il ragù di cinghiale, a “La Baita” con il polletto in potacchio e funghi di bosco, al “Piccolo Ranch” alla norcina o al sugo di spezzatino. Poi, c’è il richiamo alle origini di un paese che per primo ha classificato il suo paesaggio storico agrario e lo ha tutelato. La bassa corte è in uno dei menù della “Stazione di Posta” con il classico ragù contadino, a “La Grotta di Loretello” con una polenta al ragù di anatra, al ristorante “Pinocchio” con il ragù bianco di coniglio, al “Park Hotel” con le costine di agnello, a “Osteria Nido dell’Astore” con fonduta di pecorino e noci od ancora al ragù casereccio. Ma questo è solo un assaggio.

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