L'infanzia della contessa Leopardi. ​«All’esame di quinta negai di essere parente del poeta»

L'infanzia della contessa Leopardi. «All’esame di quinta negai di essere parente del poeta»
L'infanzia della contessa Leopardi. ​«All’esame di quinta negai di essere parente del poeta»
di Giulia Sancricca
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Domenica 8 Ottobre 2023, 08:07 - Ultimo aggiornamento: 15:28

RECANATI Dall’infanzia a Roma, durante gli Anni di piombo, al trasferimento a Recanati, nella città dove il suo antenato aveva decantato la spensieratezza del villaggio. La stessa spensieratezza che lei ritrovava d’estate, durante le vacanze, insieme a nonno Franco e a nonna Anna.

Leopardi potrebbe sembrare un cognome che segna la strada a chiunque lo porti, ma non è stato così durante l’adolescenza della contessa Olimpia che ha sempre avuto le idee chiare su cosa fare della sua vita, preferendo innanzitutto per la sua formazione un istituto tecnico rispetto a un liceo che era «davvero troppo vicino alla nostra casa». Ma andiamo per ordine. Olimpia Leopardi nasce a Milano il 4 dicembre 1967.

«Mia madre e sua sorella (che viveva a Milano) hanno vissuto la gravidanza nello stesso periodo e quando arrivò il momento di partorire scelsero il capoluogo lombardo». Poi l’infanzia a Roma. Quanto ha pesato il cognome che porta? «Da bambina poco perché ho frequentato la scuola americana. Quando feci l’esame di Stato di quinta elementare, poiché non era parificata, mi chiesero se fossi discendente di Giacomo Leopardi e risposi di no. In realtà pensai di averli convinti, ma anni dopo mio padre mi disse che l’unica a essere convinta di averla fatta franca ero io». 

Dopo la morte del nonno paterno, i viaggi di lavoro sempre più frequenti del conte Vanni (padre di Olimpia) da Roma a Recanati imposero il trasferimento definitivo nelle Marche. «Ero felicissima perché pensavo che avrei trovato a Recanati tutti gli amici che frequentavo d’estate, ma in realtà non fu così.

Inoltre, la prima media della scuola americana di Roma non mi venne riconosciuta e mio padre decise di farmi frequentare i tre anni delle medie in uno. Studiai privatamente a casa e all’esame fui promossa con il massimo dei voti. Fu l’unico exploit scolastico della mia vita».

Niente studio matto e disperatissimo, dunque, in una casa che era ben diversa dall’appartamento nel cuore di Roma: «Scricchiolava tutto. Per vincere la paura di notte facevo il giro dell’intero palazzo, quando mi sentivo più coraggiosa del solito andavo anche in soffitta». Sono ricordi di un’infanzia spensierata quelli della contessa Leopardi: «Vivere con mio padre e con mia nonna è stato bellissimo. Erano giovani e mi hanno coperto le spalle, permettendomi di fare le esperienze più disparate». Intanto la famiglia riceveva nella casa del poeta grandi ospiti, nazionali e internazionali, come Re Carlo. «Era un grande privilegio. Quando ero piccola parlavamo di persone che nemmeno conoscevo, poi crescendo me ne rendevo conto, ma ero più che in seconda fila all’accoglienza».

Quando arrivò il momento di scegliere la scuola superiore «nonostante le indicazioni della mia famiglia di iscrivermi al liceo classico io scelsi l’istituto agrario di Macerata, vista la mia passione per la campagna. Eravamo 30 ragazze su 500 ragazzi. Sono stati anni meravigliosi, i più belli. Non mi ponevo problemi, ho passato più tempo a divertirmi che a studiare. E debbo dire che è così che oggi consiglio di vivere la gioventù ai miei tre figli, Gregorio, Diana ed Ettore». E dopo il diploma? «Ho tentato l’università e ho dato sette esami con buoni risultati, poi prima di trasferirmi a Bologna per iscrivermi alla facoltà di Storia ho deciso di fare un viaggio e prendermi un anno sabbatico. In realtà sono tornata molti anni dopo» racconta sorridendo. 

Al suo ritorno, quel cognome che da bambina i familiari non le avevano fatto pesare più di tanto inizia naturalmente a farsi spazio nella sua vita, mostrandole tutta la sua importanza: «Ho creato la società “Giacomo Giacomo” perché in realtà le gambe mi tremavano davvero al solo pensiero dell’impegno che mi stavo prendendo. Ho aperto il bookshop, dove ho fatto io stessa la commessa, e organizzavo eventi e mostre. Diciamo che non ho preso Leopardi di petto, ma ci ho girato un po’ intorno. Poi è nata “Casa Leopardi” e, sebbene facesse capo a mio padre, ho sempre partecipato attivamente al lavoro». È così che la strada segnata da quel cognome importante si è fatta più chiara e semplice da seguire.

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