Maria Laura Bracalente (assessore Porto Sant'Elpidio): «Che brivido intrufolarci nella Torre dell’Orologio»

Maria Laura Bracalente (assessore Porto Sant'Elpidio): «Che brivido intrufolarci nella Torre dell’Orologio»
di Valentina Berdozzi
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Domenica 3 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 11:58

Quando si parla ricordi, il concetto di concretezza sembra svanire come neve al sole. Prosciugato, svuotato, sfumato, fiaccato dall'esercizio della memoria di guardarsi indietro e andare a caccia di una delle cose più immateriali, eppure più dense di significato, della nostra vita, come i ricordi. Di fronte all'inconsistenza dei ricordi, è costretta ad alzare le mani, la concretezza, ad arrendersi. E, con lei, è costretto ad alzare bandiera bianca anche il cuore di chi, alle parole eteree, preferisce la praticità di tutto ciò che si può tradurre in realtà, che sia un gioco o un'equazione matematica. «Da studentessa ho sempre amato risolvere problemi e quesiti logici - confessa Maria Laura Bracalente, assessore all'Ambiente, al commercio, alle attività produttive, alle politiche europee e alla transizione energetica di Porto Sant'Elpidio -: le vedevo come qualcosa di reale, come un gioco intrigante di cui venire a capo. Complice la professoressa Badalini, l'insegnante di matematica ai tempi delle scuole medie, e di quel suo modo di insegnare magnetico e accattivante, mi sono appassionata alle scienze e a tutto ciò che ha un riscontro pratico nella vita di tutti i giorni. Il lavoro che faccio oggi è un'eredità di quegli anni lì, in cui vedendo la mia prof all'opera sognavo anche io, un giorno, di sedermi dietro la cattedra e trasmettere ai miei alunni la stessa passione per un mondo fatto di praticità e concretezza».

La memoria

Un mondo dove, solo apparentemente, per i ricordi non c'è posto. Perché la memoria sa calarsi e celarsi in ogni angolo, in primis nella toponomastica di una città vissuta via per via dalla più tenera età. «Se ripenso alla mia infanzia, posso affermare di essere cresciuta nella fetta di città compresa tra via dei Mille, la via chiusa dove abitava mia nonna materna Rosetta, e Villa Bernetti - dice -: in quel perimetro, l'infanzia non è più solo un concetto legato al passare del tempo, ma si fa esperienza vissuta e toccata con mano: riecheggia nelle voci di tanti bambini di ogni età, si moltiplica nelle risate lanciate in aria, nelle urla gioiose e negli schiamazzi festanti; si moltiplica nei lunghi pomeriggi in cui per giocare non ci si dava orari e appuntamenti ma si scendeva per strada e chi c'era c'era: si cominciava a giocare e si finiva solo quando era ora di fare cena e i genitori ci richiamavano per rincasare.

L'infanzia era quella sezione della vita in cui noi giovani nipoti ci fermavamo solo quando i nonni iniziavano i racconti sulla loro giovinezza e gli anni della guerra: loro, comodi sulle sedie che dalle case sistemavano in strada, e noi, muti e rapiti, seduti sul ciglio del marciapiede ad ascoltare le esperienze di un mondo lontano, di cui non avevamo altra esperienza se non quelle frasi, che lo trasfiguravano in qualcosa di affascinante e magico come solo la mente di un bambino sa fare». Da quella nebbia di racconti ed emozioni, i personaggi riemergono chiaramente: «Di quei momenti di bella condivisione, ricordo le parole di nonna Rosetta, quando mi raccontava di essere rimasta orfana di madre in tenera età e mi diceva di suo padre e del suo lavoro di messo comunale, addetto all'accensione delle luci della pubblica illuminazione o alla cura dell'orologio della torre in centro. Proprio a lui, al mio bisnonno, pensai la volta in cui, con mio fratello e gli amici della combriccola di via dei Mille, ci intrufolammo di nascosto nella Torre dell'Orologio, all'epoca inagibile. Tra gallerie, porte sbarrate, percorsi accidentati, scalinate infinite e pertugi microscopici, arrivammo proprio alla grande sala degli ingranaggi: fu lì che quel volto ereditato dal passato tornò reale e divenne concreto, nel mentre di una marachella che rimarrà per sempre uno dei ricordi più cari della mia infanzia», sorride.

Lo scrigno

Il passato sa essere davvero uno scrigno prezioso: di emozioni, lacrime, gioie e sorrisi. Ma, anche, di insospettabili reperti antichi. Maria Laura ride: rientra in quella categoria la maschera antigas «che tirammo fuori, un pomeriggio, da sotto una delle palme da terra del giardino di Villa Bernetti - ricorda -: era chiusa in una scatola, che io e i miei amici aprimmo con il cuore in gola. Vederla fu uno spettacolo: era la concretizzazione dei racconti dei nostri nonni sulla guerra, prova del tempo che passa e delle testimonianze che restano».

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