Medicina del dolore: la sanità post Covid riparte dai pazienti. A breve al via anche la radiofrequenza

Medicina del dolore: la sanità post Covid riparte dai pazienti. A breve al via anche la radiofrequenza
Medicina del dolore: la sanità post Covid riparte dai pazienti. A breve al via anche la radiofrequenza
di Francesca Pasquali
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Sabato 4 Giugno 2022, 06:50 - Ultimo aggiornamento: 15:49

FERMO  - Gli anziani, di solito, sono gli ultimi a chiedere aiuto. Resistono finché possono, rinunciando ogni giorno a un pezzetto di vita. I giovani, invece, alla prima avvisaglia sono già dal medico, preoccupati e smaniosi di tornare presto in forma. Non conoscono età i dolori cronici.

Colpiscono indistintamente giovani e meno giovani. Otto volte su dieci riguardano la schiena. Stiramenti, movimenti fatti male, conseguenze di cadute e chi più ne ha più ne metta. Tante cause e un’unica conseguenza: mobilità limitata e qualità della vita compromessa. Se ne parla poco, ma ne soffrono in tanti.


L’anno scorso, ai due ambulatori di Medicina del dolore dell’Area vasta 4 hanno acceduto quasi in 5.500: 3.500 in quello di Fermo, 1.800 in quello di Amandola.

Prima della pandemia, i numeri erano ancora più alti; 5.000 pazienti nel capoluogo e 2.800 nella sede montana. Il calo – fa sapere Luisanna Cola, primaria del reparto di Anestesia e rianimazione dell’ospedale Murri, di cui il servizio fa parte – è dovuto alla riorganizzazione post-pandemia (ieri abbiamo segnalato anche il taglio ai letti Covid a Malattie infettive), ma soprattutto alla maggior efficacia delle cure. Nel senso che, rispetto a prima, adesso sono più mirate e bastano poche sedute per stare meglio. «Se, da sintomo, il dolore diventa patologia, serve un esperto che si occupi di questo tipo di sintomo-malattia», dice Cola. E parla di «un servizio che da noi funzionava già e che, quando nel 2018 è nata la rete regionale, ne è entrato a far parte».


La rete è formata dalle cinque aree vaste. C’è l’hub di Macerata, dove vengono ricoverati i casi più gravi, e gli “spoke” della altre quattro, cioè gli ambulatori. Quello di Amandola è aperto il lunedì, mattina e pomeriggio. Quello di Fermo il lunedì, martedì e giovedì pomeriggio e il mercoledì (visite domiciliari) e venerdì mattina. L’accesso avviene tramite pronto soccorso o medico di famiglia. Se coi farmaci somministrati, entro 48 ore, la situazione non migliora, si passa alla terapia del dolore. L’equipe supervisionata da Cola è formata da tre medici: Linda Meli, la responsabile, che gestisce l’ambulatorio di Amandola e le terapie domiciliari, Gloria Mancini che gestisce l’ambulatorio di Fermo ed Enrico Maceratini che si occupa degli interventi complessi, di terzo livello.


«A breve, cominceremo a utilizzare anche la radiofrequenza», fa sapere il medico. Le terapie sono tante e diverse e variano a seconda dei casi. Si va dalla somministrazione di antidolorifici nelle prime visite alla mesoterapia (l’iniezione di farmaci attraverso aghi molto sottili), dall’infiltrazione continua sottocute fino all’uso dei cannabinoidi. Per evitare che i pazienti si facciano prescrivere i farmaci in più ambulatori, rischiando sovradosaggi pericolosi per la salute, esiste una cartella regionale, condivisa da tutte e cinque le Aree vaste. Quello che non può è essere usato per curare il dolore cronico è l’ozono. Perché non rientra nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) e non può essere erogato gratuitamente dal sistema sanitario nazionale.

«Alcune regioni hanno bypassato il divieto con un miniticket, ma è una deroga a una legge dello Stato che le Marche non hanno fatto», dice Cola. Ozono per curarsi, quindi, solo nel privato. Della medicina del dolore e della gestione dei pazienti con dolore acuto e cronico lombo-sacrale si parlerà nel convegno organizzato dall’Av 4, in programma sabato 18 giugno nella sede della Croce Verde di Fermo.

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