Pnrr, troppe risorse in arrivo per le nostre capacità di spesa

Pnrr, troppe risorse in arrivo per le nostre capacità di spesa

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 5 Aprile 2023, 13:52

Negli ultimi giorni si è accesa la discussione fra le forze politiche riguardo alle difficoltà nella spesa dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). La difficoltà a spendere le risorse finanziarie messe a disposizione dal Pnrr può difficilmente considerarsi una sorpresa. Al contrario, sarebbe stato stupefacente se fosse successo il contrario. Le ragioni alla base della difficoltà a spendere le risorse e a raggiungere gli obiettivi prefissati dipendono da diverse cause: alcune di carattere generale, altre specifiche al Pnrr. Nel caso delle prime può ricordarsi che la durata media dei progetti pubblici, sommando le fasi di progettazione, predisposizione delle gare, aggiudicazione ed esecuzione dei lavori si misura nel nostro paese in anni, anche per importi relativamente limitati.

Le durate si dilatano considerevolmente nel caso di progetti di maggiore complessità. L’Italia è agli ultimi posti nella UE per durata delle procedure degli appalti pubblici, superata in questo record negativo solo dalla Grecia. E’ una situazione che dipende da diversi fattori, fra i quali le carenze di personale qualificato nelle pubbliche amministrazioni e la farraginosità della normativa. Il governo sta cercando di intervenire su entrambi i fronti attraverso la riforma del codice degli appalti e l’assunzione di nuove figure professionali nelle pubbliche amministrazioni. La prima misura potrebbe produrre effetti a breve termine ma per la seconda occorreranno tempi maggiori; non facilmente compatibili con le scadenze del Pnrr. Le altre ragioni che spiegano la difficoltà di spesa dei fondi del Pnrr sono più direttamente associate alle circostanze nelle quali il piano è stato disegnato. Il primo aspetto riguarda l’entità dei fondi.

L’Italia è la maggiore destinataria dei fondi del Next Generation EU, sia per la quota di grants (cioè a fondo perduto) sia per quella dei prestiti. I maggiori destinatari potenziali dei fondi del Next Generation EU erano Germania, Italia, Francia e Spagna in considerazione della loro dimensione in termini di economia e popolazione. Di questi paesi l’Italia è l’unico ad aver attinto al 100% dei fondi a disposizione: poco meno di 200 miliardi di euro.

Germania, Francia e Spagna hanno attinto solo una parte dei fondi a disposizione e solo per la quota relativa ai grants. Il criterio italiano sembra essere stato quello di attingere il massimo dei fondi disponibili, indipendentemente dall’effettiva capacità di spenderli. Abbiamo rovesciato la sequenza logica. Piuttosto che partire dagli obiettivi e dai relativi progetti per poi stabilire le risorse necessarie, si è attinto al massimo delle risorse disponibili per poi individuare come spenderle. È vero che in molti casi si sono dirottati nel Pnrr progetti che erano ‘nel cassetto’ in attesa di finanziamento.

Anche in questo caso, però, non tutti erano in fase avanzata per cui i tempi di realizzazione risultano comunque lunghi. Non va dimenticato che l’utilizzo dei fondi del Next Generation EU, è sottoposta a modalità innovative nei rapporti tra UE e Stati membri. I piani nazionali sono contratti di performance incentrati sul raggiungimento di milestone e target che definiscono in maniera granulare gli stati di avanzamento e i risultati attesi delle riforme e degli investimenti che ci si propone di attuare. A fronte di questa maggiore attenzione al controllo degli stati di avanzamento e dei risultati dei progetti, va considerato che il Pnrr è stato redatto in tempi estremamente brevi malgrado si tratti di impegni di spesa di dimensioni epocali.

In queste condizioni era inevitabile che alcuni dei progetti contenuti nel piano risultino eccessivamente generici e in qualche caso del tutto irrealizzabili nell’orizzonte temporale relativamente contenuto del Pnrr. A ciò va aggiunto che una parte non marginale del Pnrr è costituita dagli impegni per le riforme strutturali; alcune di valenza epocale per il nostro paese, come quelle relative alla giustizia e alla concorrenza. Riforme per le quali si è discusso senza risultati per decenni e che ci si è impegnati a completare nel giro di pochi anni. L’auspicio è ovviamente di riuscirci ma accumulare ritardi è inevitabile.

* Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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