Vagnozzi, parla il coach di Sinner «Vi spiego perché Jannik è campione 24 ore al giorno
La promessa: proverò a riportarlo nelle Marche»

Il tecnico: "Per essere al top ora avevamo deciso di non rispondere alla chiamata del ct Filippo Volandri"

Il coach ascolano Vagnozzi protagonista della crescita di Sinner
Il coach ascolano Vagnozzi protagonista della crescita di Sinner
di Peppe Gallozzi
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Martedì 28 Novembre 2023, 01:30 - Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 19:53

Simone Vagnozzi, coach ascolano dal 2022 di Jannik Sinner. Fresco di impresa insieme ai suoi compagni azzurri. C’è anche il suo lavoro in questa Coppa Davis che torna in Italia dopo 47 anni.
«Sensazioni straordinarie, tutte da vivere e non facili da raccontare».
Emozioni particolari, quindi. Provi a descrivercele comunque.
«Non è facile, anche se siamo abituati a questo tipo di situazioni. Ripenso all’ultima settimana agli Atp di Torino, il crescendo emotivo, poi la Davis.

Giorni particolari, intesi, unici».

 


 

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Jannik ha mostrato a tutto il mondo di essere un fenomeno. Anche lei però non scherza viste le tappe del suo cammino: soddisfazioni e vittorie made in Marche.
«Jannik è un fenomeno nel vero senso della parola, e soprattutto un gran lavoratore nonostante le doti e il talento che madre natura gli ha donato. Quanto a me, devo essere bravo a infondere in lui un percorso di lavoro, una visione, i traguardi da raggiungere».
Lei è un ascolano doc, una delle città cardine delle Marche. Della nostra regione ne parlate tra voi?
«È capitato più volte, in vari momenti. Jannik lo scorso anno ha anche trascorso due giorni a San Benedetto del Tronto a maggio. È stato fortunato: ha trovato anche il clima giusto».
Ha in programma di riportarlo a breve?
«Vediamo con i vari impegni a cui sarà sottoposto e gli allenamenti in calendario. Non sono cose semplici da programmare e organizzare. Ma ci proverò».


Passiamo all’aneddotica: avete delle vostre scaramanzie da utilizzare prima di una sfida delicata?
«Siamo due tipi scaramantici, è vero, ma non ne facciamo una malattia. La gestiamo bene, nella modalità giusta. Alla vigilia cerchiamo sempre di riproporre e tener presenti le cose che sono andate bene. Preparando la partita sui nostri punti di forza».
Noi siamo abituati al Sinner cannibale sul campo. Ma fuori che tipo è?
«Un ragazzo educato, di sani valori e rispettoso che ama divertirsi con gli amici e star bene con gli altri. E poi è un gran tifoso di calcio».
Del Milan, visto che non lo ha mai nascosto.
«Esatto, del Milan. Stasera sarà a San Siro per la partita di Champions League tra i rossoneri e il Borussia Dortmund: lo sa anche Jannik che è una sfida decisiva».
Lei lo accompagnerà a Milano?
«No, io sono rientrato nelle Marche e riposerò qualche giorno. Ne approfitto per ricaricare le batterie».
Tennis a parte, che consigli cerca di dare per la gestione della vita privata di Jannik?
«L’atleta, a maggior ragione il campione, è tale 24 ore al giorno. Il riposo è fondamentale così come il mangiar sano, la gestione del tempo libero. Sinner è impeccabile da questo punto di vista, pur trovando ugualmente il modo di vivere e godersi la gioventù tipica dei suoi 22 anni. Ed è un bene che sia così».
Un viaggio, il vostro, che inizia il 17 febbraio 2022 dopo la delusione negli Australian Open e l’interruzione dei rapporti con l’ex coach Riccardo Piatti.
«Conosco bene il suo manager, Alex Vittur (hanno conquistato insieme a Andreas Seppi, nel 2001, il titolo italiano a squadre Under 18), ma ci eravamo già incrociati in diversi tornei. Abbiamo iniziato a lavorare e da lì è scattato un feeling sempre crescente che ci ha portato sulla strada giusta».
La Coppa Davis rappresenta un punto d’arrivo anche per lei?
«Era un nostro obiettivo. Personalmente ho sempre desiderato un traguardo del genere, da tennista cresciuto nei campi marchigiani non ci sono mai riuscito fermandomi prima». 
Missione compiuta. 
«Questo trofeo va considerato un picco per Jannik, per me, per i suoi compagni ma per tutto il movimento italiano che ne potrà trarre enorme giovamento». 
In questo momento Sinner può considerarsi il più forte di tutti?
«Il tennis stesso è fatto di momenti. Penso ci siano giocatori che hanno ottenuto risultati altrettanto prestigiosi e importanti come Alcaraz e Djokovic. Noi lavoreremo per arrivare sempre più in alto e migliorarci».
Sappiamo però che un suo tocco su questa Davis c’è stato. Ad esempio nella mancata partecipazione di Jannik alla fase di qualificazione di Bologna.
«Abbiamo ragionato in sinergia, come avviene per tutte le decisioni che vengono adottate. Dopo gli Us Open eravamo certi che Jannik avesse bisogno di riposo. Così abbiamo deciso di non rispondere alla chiamata del ct Filippo Volandri».
È stata la mossa decisiva?
«Alla fine i risultati hanno dato ragione a questa scelta. Ci siamo presentati all’appuntamento conclusivo al top, in ottime condizioni fisiche». 
E quindi? 
«Fossimo arrivati più stanchi probabilmente l’esito sarebbe stato differente. E addio Davis». 

«Gli arrosticini sono la sua passione. Li ha provati e ne è rimasto folgorato»

«Quando si inizia a giocare a tennis, quello è il sogno: alzare la Coppa Davis. E io ci sono riuscito, anche se in un’altra veste». L’intervista dell’ascolano Simone Vagnozzi, head coach di Jannik Sinner, si arricchisce anche di ulteriori particolari. Una sorta di film della propria vita, un riavvolgere il nastro dei ricordi tornando giovane. Un turbinio di emozioni esplose nella Final Eight del trofeo quando, sotto i colpi di Jannik e degli azzurri, sono cadute l’Olanda, la Serbia di Djokovic e l’Australia in finale: «I miei inizi? Da piccolo, dopo aver visto giocare alcune persone nel circolo di Castel di Lama. Mi sono subito innamorato di questo sport. Da qualche tempo ho anche un’accademia a San Benedetto: qui coltiviamo i nuovi talenti e guardiamo al futuro. L’idea è nata per fare in modo che i ragazzi non andassero fuori per giocare e crescere. Oggi è un vero punto di riferimento». I prossimi giorni sono quelli del relax, dopo essere atterrato ieri da Malaga: «Torno a casa, a Castorano. Stacco la spina per qualche giorno. Il prossimo sogno è vincere uno Slam. Cosa è piaciuto a Jannik delle Marche? Gli arrosticini, tantissimo. Ne è rimasto estremamente colpito, una passione. Ai giovani mi sento di mandare un messaggio di sport e di vita: io sono partito da Ascoli, una realtà piccola. Il fatto che sia arrivato sul tetto del mondo può far sperare tutti. Il segreto? Lavoro, serietà, visione» (a cura di Marco Vannozzi)

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