Lucia Morico (medaglia olimpica 2004): «Mamma in divisa e insegno judo alle donne indifese»

Lucia Morico (medaglia olimpica 2004): «Mamma in divisa e insegno judo alle donne indifese»
Lucia Morico (medaglia olimpica 2004): «Mamma in divisa e insegno judo alle donne indifese»
di Peppe Gallozzi
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Sabato 16 Dicembre 2023, 04:15 - Ultimo aggiornamento: 17 Dicembre, 08:04

«Lo sport, per me, non è mai stato sacrificio». Parte esattamente da qui, dalle sue parole, l’intervista a Lucia Morico, judoka classe 1975 di Marotta («Ci tengo, ne vado orgogliosa»), medaglia di bronzo alle olimpiadi di Atene 2004. Una storia fatta di sogni e di valori. Tra la pedana e la vita di tutti i giorni, da mamma in divisa, «perché di imparare e fare del bene non si finisce mai».

Lucia Morico, se oggi dovesse chiudere gli occhi e guardarsi indietro quale sarebbe la prima immagine a saltarle in testa?

«Il percorso sportivo, la carriera fatta di vittorie, sconfitte, soddisfazioni e anche delusioni».

Ci vuole tanto sacrificio per un cammino del genere?

«Per me lo sport non è mai stato sacrificio.

Sono state scelte, opportunità, cuore e poi realizzazione di sogni. Nessuno mi ha mai costretto e forse è stato il mio segreto».

In tutto ciò, la medaglia olimpica ad Atene dove la colloca nell’album dei ricordi?

«La massima espressione di quanto ho appena detto».

Un fotogramma di quel giorno

«L'ippon che ha messo fuori combattimento la mia avversaria. La sua caduta, leggera. Estremamente leggera. Si è creato un suono particolare che sento ancora oggi».

A proposito di oggi, chi è Lucia Morico nel 2023?

«Un’appartenente alla Guardia di Finanza e un'istruttrice di Judo nel tempo libero. Un altro traguardo che mi sono conquistata».

In che senso?

«Il brevetto è stata la mia laurea. La chiusura del cerchio».

Però c'è anche un altro percorso che sta seguendo. Giusto?

«Immagino che il riferimento sia alle lezioni rivolte alle donne sulla difesa legittima sicura».

Decisamente. Una sfida nobile, soprattutto in un momento storico molto delicato. Come nasce tutto questo?

«L'associazione prende vita dall'iniziativa dell'avvocato, mio amico, Roberto Paradisi. Mi ha chiesto di aiutarlo e sono stata ben felice di farlo. Oggi come oggi, senza girarci intorno, la difesa personale per una donna è un'urgenza».

A lei quanto stanno trasmettendo queste lezioni?

«Tanto. Incontrare altre persone, conoscere le loro esperienze, aiutarle. Sono tutte cose che fanno bene a chi dona e chi riceve».

Alleggeriamo il tema e passiamo agli aneddoti. E' vero che per un periodo, in palestra, ha allenato anche sua figlia Julia?

«Confermo, poi però la strada si è interrotta. Diciamo così».

Si spieghi meglio

«Praticava due sport: il judo, essendo figlia di due olimpionici (il padre è il judoka inglese Winston Gordon, ndr), e la pallavolo. Nel momento della scelta ha optato per la seconda, e ha fatto bene. Tanto che è stata recentemente convocata anche in Nazionale giovanile».

Che ne pensa del rapporto genitori-figli nello sport?

«Non è facile da definire. La formula vincente non esiste in quanto subentrano i caratteri propri di ognuno derivanti dal rapporto familiare».

Chi è, al momento, l'atleta da prendere come riferimento in Italia?

«Jannik Sinner. Stile, educazione, un tennis di classe. Lo vorrei abbracciare».

Il suo legame con le Marche invece?

«Stretto, come giusto che sia».

La cosa a cui non potrebbe rinunciare

«Il mare».

Quale è stato il giorno più bello della sua vita

«La medaglia, così con due figli non scontento nessuno (risata, ndr)».

Il sogno che non ha ancora realizzato

«Non l'ho ancora scoperto, lo farò presto».

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