ASCOLI Il suo è un calcio semplice, ma concreto. Fabrizio Castori ha ripreso il timone dell’Ascoli, a lui il compito di guidare la squadra verso la salvezza. Ieri è stato presentato nella sala stampa del Picchio Village. A fare gli onori di casa il direttore generale Domenico Verdone e il direttore sportivo Marco Giannitti. «Castori non ha bisogno di presentazioni - ha detto il ds -, la sua storia personale parla per lui, conosce la categoria come nessun altro, ha competenza, passione e grande dedizione al lavoro, ciò di cui l’Ascoli ha bisogno. Gli dò il benvenuto a nome di tutta la società».
«Grande emozione»
«Ringrazio la società, che mi ha chiamato e mi ha riportato in un luogo che mi dà sempre grande emozione e questo mi spingerà a dare il massimo per non deludervi.
La telefonata del ds
«Quando mi ha chiamato Giannitti è stata una sorpresa per me. Sono contento, la motivazione è la prima cosa per me. Avevo trattato anche con altre squadre. Ma quando lui mi ha chiamato ho detto si, e lunedì sera ho firmato». Poi Castori parla dei giocatori che da ieri sono a sua disposizione. «Qui nell’ Ascoli ritrovo Di Tacchio, l’ho visto ed è sempre lui, combattente e generoso, ritrovo anche Bogdan che era con me a Salerno, mentre Gnahoré l’avevo a Carpi ma poi ebbe un infortunio. Ma ritrovo anche Viviano: penso si ricordi che l’ho preso io ragazzino nel Carpi. Ho visto che gioca ancora, vuol dire che si è mantenuto bene. Io non ci metto tanto a farmi capire. Il calcio è semplice a volte lo rendiamo difficile noi».
Il metodo Castori
«Questo per me è il diciottesimo campionato che faccio di B, insomma un po’ di esperienza ce l’ho. Cercherò di fare capire alla squadra i miei concetti sul calcio. Credo che, vista la sosta per le nazionali, si può arrivare alla prossima gara abbastanza pronti. Penso che si possa giocare con cinque centrocampisti, due punte e tre difensori. Io preferisco il gioco in verticale, attaccare lo spazio non vuol dire palla lunga». Castori poi manda un messaggio chiaro ai giocatori: «Bisogna incendiare la piazza di Ascoli. Se ci sono dei limiti tecnici si sopperiscono con la determinazione, più pressi alto e meno gli avversari si avvicinano alla nostra porta. Io non faccio mai riserve e titolari, esistono giocatori che devono guadagnarsi il posto. Dò valore a tutti gli allenamenti della settimana e decido la formazione dopo la rifinitura». E il ruolo di Caligara? «Per me lui è una mezzala sinistra, poi ognuno lo fa giocare dove vuole. Le due punte? Nel tipo di calcio che propongo io, le punte fanno fatica a giocare tutti i minuti ma finché stanno in campo devono correre».
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