L'estate di Stefano Papetti: «Sferisterio, Quintana e poi vacanza a Capri con libri e amici»

Stefano Papetti
Stefano Papetti
di Lucilla Niccolini
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Domenica 10 Luglio 2022, 03:15 - Ultimo aggiornamento: 10:45

Impeccabile, in blazer e cravatta, attraversa piazza Arengo, impassibile sotto il sole del mezzodì. A lunghe falcate, il direttore Stefano Papetti raggiunge l’androne della Pinacoteca, e si lascia sfuggire, finalmente all’ombra, un sospiro di sollievo. La bella estate del responsabile dei Musei Civici di Ascoli Piceno non è ancora cominciata. O forse sì. «Sono mesi impegnativi, questi, perché registrano, in città, la più alta affluenza di visitatori. E gli eventi sono tanti, tra inaugurazioni di mostre, conferenze, aperture serali dei musei. Ma riesco sempre a evitare di star male, anche quando lavoro».

 
Lavoro e relax
Un “bon vivant” colto e raffinato, Papetti sa coniugare attività lavorativa e relax: d’estate, anche un vernissage può trasformarsi in uno svago molto gradevole, purché celebrato in un chiostro, nella penombra del porticato. «Non mi perdo gli spettacoli al teatro romano, sotto le stelle, né i film d’essai nel chiostro di Sant’Agostino. E poi, lo Sferisterio merita una breve corsa in auto».
I muri antichi della sua casa, a palazzo Priori, in centro storico, lo accolgono ogni volta in un ambiente fresco e ventilato. «Detesto l’aria condizionata, che qui sarebbe inutile, così posso permettermi di replicare anche nei mesi estivi gli inviti a cena, dopo conferenze e presentazioni, spesso con molti ospiti». C’era anche un ministro, Massimo Garavaglia, giorni fa, per l’inaugurazione della mostra delle foto di Carlo Verdone, al Museo Licini, per la Milanesiana. Il suo colf indiano sa come preparare pietanze poco caloriche, ma gustose, a base di riso e spezie. «Ma poiché gli amici sono estimatori dei miei piatti marchigiani, non disdegno di mettermi ai fornelli, per accontentarli».


La tradizione di famiglia
Anfitrione raffinato, segue la tradizione di famiglia. «Fin da piccolo, quando tornavo a casa, a Sant’Elpidio a Mare, da Firenze dove studiavo, ero circondato da un gran viavai di gente. Oltre ai tanti amici delle sorelle e di mio fratello, tanto più grandi di me, in giardino si ritrovavano le famiglie di parenti e conoscenti. Unico bambino, non mi annoiavo di certo. Al mare, la mattina, a Porto San Giorgio, e il pomeriggio a leggere. E da adolescente, in volo a Oxford, a studiare l’inglese. Ci scappava anche qualche campagna archeologica».
Per Stefano Papetti, l’arte è lavoro e vacanza. «Però aspetto con ansia che si concluda la kermesse della Quintana. Durante la lunga diretta televisiva Rai, accompagnerò i giornalisti nei musei, a documentare le collezioni permanenti e le mostre allestite quest’anno». E poi, conclusa la Quintana? «Finalmente me ne torno a Capri». La vacanza azzurra. «Ho tanti amici napoletani che mi aspettano. Poca mondanità, tanto mare in barca, e una visita ogni mattina in piazzetta, nella mia libreria preferita, “La Conchiglia”: cento metri quadri di delizie librarie. Molte sono stampate da loro stessi, come il libro dedicato alla marchesa Casati, che racconta del suo soggiorno ad Anacapri, nella villa di Axel Munthe. Lo sto leggendo in questi giorni, dopo essermi goduto “Domani e per sempre”, il libro colossale, non solo per le dimensioni, di Ermal Meta, che Elisabetta Sgarbi ha presentato qui ad Ascoli una settimana fa: una sorta di “Guerra e pace” dell’Albania». Lettura da ombrellone? «Non per me, che al mare ci vado solo a camminare. Il fresco della mia casa è l’ideale per leggere, in solitudine. Chissà se almeno quest’anno riuscirò a scampare ai lunghi pranzi di ferragosto in famiglia, in spiaggia o in giardino... ». Poi, aggiunge: «Però mi mancheranno un po’».

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