Farina, pasta e fantasia: che talento
gli studenti degli istituti alberghieri

Farina, pasta e fantasia: che talento gli studenti degli istituti alberghieri
di Véronique Angeletti
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Sabato 7 Aprile 2018, 13:14
Chiedere «di che pasta sei» nelle Marche non è una metafora. Secca o fresca, la pasta nella nostra regione sta riscoprendo altre farine. Matrimoni osé dove la cicerchia di Serra de’ Conti, la fava di Fratte Rosa, la roveja e il cece nero di Appignano e di Force si sposano con la semola del grano Senatore Cappelli, il frumento Jervicella, il Saragolla sentinate o il mais ottofile di Roccacontrada, l’antica Arcevia. Sposalizi felici purché dosati con sapienza – del glutine non si fa a meno - che confluiscono su una pasta diversa dall’aroma intenso, ricca di nutrienti e probabile fonte di proficue economie soprattutto se si mettono in sinergia agricoltori custodi, noti pastifici ed apprendisti chef.
 


Non solo grano duro
Il sensale dell’operazione inaspettatamente è l’Assam, l’Agenzia servizi agroalimentare marchigiana. Nel tutelare e valorizzare le risorse genetiche vegetali autoctone, ha indetto quest’anno un fantastico progetto sulla biodiversità agraria il cui nome “Impastiamo con farine diverse” la dice lunga sul suo programma. Un concorso riservato agli otto istituti alberghieri marchigiani che si fonda su un’idea semplice con effetti da manuale. «Inserisce nel programma della classe interessata lo studio delle farine e del territorio - spiega Ambra Micheletti, responsabile Assam - assegna l’approfondimento didattico a professori e agronomi dell’Agraria della Politecnica delle Marche; affida il lato tecnico agli agricoltori custodi e a maestri pastai ed esige alta gastronomia imponendo l’abbinamento della pasta a un olio extravergine monovarietale e una salsa di stagione». Il risultato è eclatante. In finale, a Fermo, alla XXVI edizione di Tipicità ad inizio marzo, sono arrivati piatti che solleticano la mente, stuzzicano il palato, stimolano i sensi. Insomma allargano i confini dei sapori senza tradire le radici della tradizione contadina. Il premio “Tipicità biodiversità virtuosa” è stato assegnato alla proposta dei ragazzi della classe 4 dell’Einstein-Nebbia di Loreto e ai “Ciavattone con frumento Saragolla e mais ottofile di Roccacontrada”. «Realizzata con il pastificio Marinelli di Osimo - spiegano i professori , Bianca Mayer e Alessandro Paoletti - questa pasta è stata abbinata all’olio Piantone di Mogliano e proposta con un ragù bianco di coniglio e fonduta di caciotta di Urbino. Entrando in contatto ad Arcevia con l’agricoltore custode Marino Montalbini e a Sassoferrato con il produttore di frumento Saragolla Bruno Vitaletti siamo convinti che il percorso lascerà un imprinting nel loro futuro da chef, evidenziando il legame tra prodotti e territori e le virtù e le problematiche del glutine».


 
Farine di legumi
Molti interessi si sono calamitati sul cece nero coltivato ad Appignano da Claudio Medei. Guidati dai prof. Pierpaolo Piermarini e Andrea Rossi, gli studenti della classe 4 del Carlo Urbani di Porto Sant’Elpidio lo hanno lavorato con il frumento Jervicella coltivato e custodito da Dino Roso e, affiancati dal panificio d’Alesio di Monte Giberto, realizzato “Nastrine con salsa di canocchie e carciofi con pomodorini”. L’olio scelto è il Piantone di Falerone. In un altro dosaggio ma con gli stessi legumi e cereali, la classe 3A dell’Ulpiani di Ascoli Piceno e il professor Alessandro Vallesi hanno proposto “Frascarelli con farina di Jervicella e cece nero con pachino, salsiccia e anisetta Meletti su crema di ceci”. entre quelli della classe 4C del Varnelli di Cingoli «hanno lavorato - commentano le docenti Paola Cutrini e Rosanna Foltrani - il cece Nero e il cece Quercia e dunque anche con Giovanni Antolini di Force e il pastificio “Antichi sapori” di Grottaccia». Il risultato, una tagliatellina dal sapore fresco con ragù di coniglio e il suo ristretto su carciofo di Montelupone confit abbinata all’olio Mignola. La classe ha vinto il secondo premio (mila euro), presentandosi con una pasta secca con tanto di logo e packaging addirittura pronta per gli scaffali.


 
Sfoglia e ripieni
È con la pasta ripiena che si sono cimentati gli studenti degli Istituti di Pesaro e di San Benedetto. La classe 3A del Santa Marta Branca della città di Rossini con l’orzo nudo coltivato da Vasco Pandolfi ad Urbino e guidati dalla pasta fresca da Katj di Pesaro hanno proposto dei “Tortelli ai carciofi e topinambur con una bisque di gamberetti, vongole e triglie” con olio Raggiola. «Abbiamo giocato appieno la carta del territorio - commentano i prof Michela Fossa e Gabriele Bastianoni - e ci siamo concentrati sul lato sapore e salute con una pasta adatta per chi ha problemi di glicemia e di colesterolo». Mentre è con il maestro pastaio Vincenzo Spinosi di Campofilone che i ragazzi della 3A del Buscemi di San Benedetto hanno realizzato “Ravioli di spigola con farina di Senatore Cappelli e Roveja (prodotto da Medei di Appignano) con sugo di rana pescatrice, pannocchie e pomodorini”. «Un piatto antico, armonioso, molto aromatico» commenta il docente Giovanni De Mola. L’olio extravergine d’oliva è l’Ascolana Tenera.
 

 
Il ragù di lumachine dell’istituto Panzini
Marchigianissime le tegolette di cicerchia al ragù di lumachine di mare in porchetta. La proposta è della classe terza dell’Istituto Panzini di Senigallia, guidata dai docenti Roberto Mantoni e Rosalba Todesco, che ha ottenuto al concorso Assam il terzo premio (mille euro). Per le tegolette impastare le farine nell’ordine di 500 g di Gentil Rosso (grano tenero), 250 g di Senatore Cappelli (grano duro), 240 g di cicerchia, 10 g di cipolla di Suasa disidratata in polvere, 180 g di infusione di finocchio selvatico fresco e 320 g di uova intere. Fare una sfoglia dello spessore di circa 3-4 mm e tagliare la pasta a rombi. Per il ragù: lavare e far riposare 1 kg di lumachine con acqua e sale, sbollentarle e sgusciarle una ad una. Preparare e far rosolare un trito con 50 gr di cipolla, 1 spicchio d’aglio, timo, maggiorana, finocchio selvatico e peperoncino; aggiungere le lumachine, rosolare, bagnare con vino bianco secco, lasciar evaporare, aggiungere del concentrato di pomodoro diluito in acqua. Lasciar cuocere per circa un’ora.
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