Se l’aspetto è diverso, lo è anche l’organismo. E diverse sono le risposte molecolari alle sostanze contenute negli alimenti. Ecco perché lo stesso piatto di pasta, ad esempio, c’è a chi fa bene e a chi meno. Nuovi studi mettono al bando l’uguaglianza nutrizionale, come è emerso dalla III European Summer School on Nutrigenomics che ha riunito per cinque giorni nelle Marche, al Teatro Pergolesi di Jesi, i ricercatori della nutrigenomica.
Siamo tutti modelli unici
La nutrigenomica studia l’impatto dei nutrienti sul genoma. «Quello che noi mangiamo modula l’espressione dei nostri geni, direttamente o indirettamente mediante modificazioni epigenetiche – afferma la prof.ssa Rosita Gabbianelli, dell’Unità di Biologia Molecolare della Scuola del Farmaco e dei Prodotto della Salute dell’Università di Camerino e chair della European Summer School on Nutrigenomics – Ciò significa che i geni possono essere “accesi” o “spenti” attraverso l’aggiunta di gruppi funzionali al Dna e alle proteine istoniche». L’epigenetica è un processo fisiologico «caratterizzato da una variazione reversibile ed ereditabile non associata alla alterazione della sequenza nucleotidica». Le variazioni epigenetiche si ottengono dal metabolismo degli alimenti che si introducono con la dieta.
A ognuno la sua alimentazione
La nutrigenomica da sola non basta, occorre considerare anche la nutrigenetica. L’esempio lampante ci arriva dalla caffeina. A seconda delle varianti polimorfiche possiamo avere un aumento pressorio o non averlo affatto. «È in base alle varianti polimorfiche che dovremmo alimentarci: il segreto è racchiuso tutto qui. Si dovrebbe partire dal presupposto che qualsiasi tipo di approccio nutrizionale che noi facciamo deve tener presente che ogni soggetto è diverso dall’altro». Ed è tutta una questione geni. «Ciò significa che ognuno ha delle varianti nei propri geni per cui quando ci si nutre con un alimento, lo stesso darà risposte diverse a seconda delle varianti genetiche del soggetto».
La chiave nei primi 1000 giorni
La nutrigenomica nell’età adulta
«Un’alimentazione controllata con particolare presenza di verdure, come le brassicaceae, sono assai utili nel controllo e nella riduzione del rischio dello sviluppo delle neoplasie – continua la ricercatrice dell’Unicam - in quanto i principi attivi contenuti in questi alimenti sono capaci di inibire gli enzimi che possono, durante le neoplasie, modulare epigeneticamente in maniera alterata l’espressione dei geni». Tra i risultati delle ricerche presentate, anche il collegamento diretto tra «la variazione della epigenetica mitocondriale e la variazione nell’espressione dei geni nelle cellule».
I segreti della longevità
Attraverso studi di biologia comparativa su proteine che regolano l’omeostasi dei metalli, le cosiddette metallotioneine, «risulta che queste sono maggiormente espresse in diversi tessuti nelle specie più longeve, in particolare nella talpa nuda nota per la sua capacità di non invecchiare. Ecco perché le metallotioneine sono di particolare interesse». Come modularle? Attraverso un apporto di nutrizionale di zinco, la restrinzione calorica e l’esercizio fisico.

Ben 108 studiosi da tutto il mondo
La European Summer School on Nutrigenomics di Unicam è unica nel suo genere. Da un’idea della prof.ssa Rosita Gabbianelli, la terza edizione ha coinvolto 108 tra studiosi e ricercatori da 20 paesi europei ed extra come USA, Nuova Zelanda, Brasile, Indonesia e Qatar. Unicam, al pari di molte università straniere, crede molto nella nutrigenomica e per l’occasione i relatori sono arrivati da centri di eccellenza.
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