Il Registro delle Anime
Altrove, nel Registro delle Anime, quel nome cambia e diventa “terziaria”, “sora”, “pitocca”, ma non cambia la sostanza di una donna che ha speso la sua vita coi pennelli in mano un passo indietro al padre, allo zio e al cugino pittori, caritatevolmente divisa tra la bottega e la casa paterna, tra i doveri di figlia pittrice e quelli di figlia assistente. Per questo - racconta Stefano Papetti nel suo lo studio dedicato alle opere di “Ubaldo e Natale Ricci - Pittori nella Marca del Seicento” - nel testamento redatto di suo pugno l’11 giugno 1748, Gregorio la definisce “dilettissima mia nipote Sor Lucia”, pregandola di raccomandare a Dio la sua anima attraverso le sue orazioni e dandole in dono “un quadro tra tutti quelli che troverà nella mia casa”.
La sua abnegazione
Un premio, per la sua abnegazione, per la sua estrema modestia, per quella naturale ritrosia verso il mondano, consumata nella bottega e sublimata attraverso un’arte casta e mai sfarzosa. Attraverso pennellate omogenee, fluide, artisticamente ineccepibili, come a voler tacitare la propria personalità dietro alla perfezione del tratto e soffocare ogni anelito alla gloria, ogni segno di riconoscimento che potesse portare fama, lustro, visibilità. Per questo, scrive Papetti, si pensa che i quadri di maggior impegno sicuramente ascrivibili alla pittura di Lucia - e conservati nelle Chiese di Sant’Agostino a San Ginesio e in quelle di San Gregorio e San Giuliano a Fermo - siano stati eseguiti per soddisfare la committenza e gli impegni presi, prima della prematura scomparsa, dal padre Ubaldo.
Solo dovere
Le forme e la posa
Quella che raccontavano le forme e la posa della Madonna del Soccorso, immagine sacra estremamente diffusa nel Fermano nel secondo quarto del XVIII secolo e utilizzata dai Padri della Missione di Fermo come ricordo da distribuire ai fedeli in occasione delle loro opere: la maggior parte di questo patrimonio venne firmata dalla stessa Lucia e prodotta nella bottega Ricci, al cui interno l’attività e il contributo della suora laica è stato più volte documentato, soprattutto a partire dagli anni ‘40 del Settecento, a incastonarsi nella parentesi di tempo tra la scomparsa del padre Ubaldo e l’avvio della carriera di pittore di suo cugino Filippo. Per l’astro nascente di casa Ricci, Suor Lucia fu una vera spalla: un aiuto prezioso su cui contare, una maestria naturale.
La sua missione terrena
Era parte della sua missione terrena, d’altronde: essere Suor Lucia ed esserci sempre, a casa come in bottega; al fianco della madre, scomparsa alla veneranda età di 84 anni nel 1755, così come alla destra del cugino, durante quella folgorante carriera che l’ha reso uno dei testimoni dell’arte nel Fermano. L’ultima volta che un registro anagrafico porta indicazioni che riguardano Suor Lucia è il 24 novembre 1789, quando un infarto e un ictus celebrale la portarono via alla soglia del compimento dei 92 anni. Circondata dal calore e dall’affetto di una famiglia che, suora laica, aveva contribuito a mantenere in piedi, lungo un’esistenza divisa tra Santi e uomini, tra cielo e terra, tra gloria e abnegazione.
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