Roberto, racconto choc sulla morte del giovane universitario: «Sequestrato, tramortito e poi gettato in mare»

Roberto Straccia, racconto choc sul giovane universitario: «Sequestrato, tramortito e poi gettato in mare»
Roberto Straccia, racconto choc sul giovane universitario: «Sequestrato, tramortito e poi gettato in mare»
di Francesca Pasquali
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Venerdì 3 Dicembre 2021, 07:10

MORESCO - Tramortito con un colpo in testa. Segretato per giorni nel Foggiano, dov’era stato condotto in macchina. Messo su una barchetta e portato al largo, con un oggetto pesante attaccato al corpo. Sarebbero stati questi gli ultimi giorni di vita di Roberto Straccia, secondo la testimonianza di un collaboratore di giustizia trasmessa mercoledì sera da “Chi l’ha visto?”. Nel video, l’uomo, che prima aveva parlato con l’avvocata della famiglia Straccia, Marilena Mecchi, riferisce quello che – a sua detta – gli sarebbe stato raccontato da una persona che avrebbe avuto a che fare con l’uccisione del giovane scomparso a Pescara il 14 dicembre 2011.

 
Il luogo
«È stato uno scambio di persona. Gli è stata data una botta in testa per stordirlo, poi - la voce del collaboratore - è stato legato e portato giù in Puglia, in provincia di Foggia», dove «è stato tenuto segregato un po’ di giorni».

Secondo la testimonianza, «quando il boss si è accorto che non era il soggetto di cui si doveva vendicare, purtroppo era tardi perché questo ragazzo aveva visto in faccia i suoi rapitori e la mafia foggiana non lascia testimoni in giro». È a quel punto che la sorte di Roberto sarebbe stata segnata. «È stato deciso di farlo scomparire. È stato preso – prosegue il racconto –, portato al largo con una barca, buttato a mare con qualcosa di pesante per tenerlo giù. Ma o chi l’ha legato non ha lavorato bene o il tubo giallo era già marcito e in acqua si è aperto e il corpo è risalito a galla». Trasportato dalla corrente, sarebbe, poi, arrivato sul lungomare di Bari, dov’è stato trovato il 7 gennaio 2012, 24 giorni dopo la scomparsa. Al posto del giovane di Moresco avrebbe dovuto esserci «un calabrese che abitava nella zona di Pescara», che il boss foggiano avrebbe voluto eliminare «per un debito non saldato per un traffico di droga».

Le indicazioni
«Chi ha dato le informazioni le ha date sbagliate, perché ha confuso Roberto con questo personaggio», conclude il collaboratore. Una testimonianza che, se verrà presa in considerazione dalla Procura, darebbe nuova linfa all’ipotesi dello scambio di persona e del successivo omicidio, come la famiglia del giovane sostiene da sempre. Ci va cauto Mario Straccia. «Dovrà essere la Procura a valutarne l’attendibilità», dice il papà di Roberto. «C’è qualcosa che ancora ci sfugge. In famiglia – prosegue –, non abbiamo mai creduto al suicidio. La verità su Roberto la chiedo al Palazzo di giustizia e me la deve dare. Ci ho sempre creduto e ci credo ancora. Mi auguro solo che il caso possa essere preso da un giudice con una mano robusta, saggia e non traballante, per arrivare con coraggio alla verità della giustizia, perché quella di Roberto l’ho sempre avuta».
La certezza
Dieci anni di battaglie e, per la famiglia dello studente, un’unica certezza: Roberto non si è suicidato, né in mare ci è caduto per sbaglio. Con tenacia, per cinque volte, mamma, papà e sorella del giovane si sono opposti alle archiviazioni chieste dalla Procura di Pescara. A gennaio, a Campobasso, ci sarà una nuova udienza che dovrà tener conto anche di un altro elemento: l’intercettazione del 30 dicembre 2011, venuta alla luce solo adesso, in cui moglie e sorella di un detenuto calabrese, figlio di un pentito di ‘ndrangheta, parlano, sembra riferendosi a Roberto, di uno scambio di persona. Un altro tassello verso quella verità che la famiglia Straccia rincorre da dieci anni.

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