FERMO - Erano finiti a processo in quattro, due infermiere e due medici in servizio al pronto soccorso di Fermo, tutti con l’accusa di omicidio colposo per la morte, avvenuta nel settembre 2018, di un’anziana. La donna, ricoverata in una residenza per anziani e giunta all’ospedale in tarda notte, non aveva saputo spiegare come fosse arrivata nel punto in cui, riversa al suolo, era stata ritrovata dagli operatori della struttura; solo successivamente si era compreso che era caduta da una finestra al primo piano dello stabile.
Diagnosticata un’emorragia interna, era stata trasferita a Torrette per un intervento chirurgico.
Il timore
Ma per il legale «questo processo dimostra, una volta in più, come le recenti riforme legislative, volte a circoscrivere l’area di responsabilità penale in ambito medico-chirurgico, abbiano solo in parte risolto il problema e come, al di là del dato formale, sia necessaria, sul piano concreto, una maggiore accortezza nella valutazione dell’errore diagnostico». Secondo Giostra, «il rischio resta sempre quello di creare un clima di eccessiva e ingiustificata diffidenza attorno all’operato del personale sanitario, finendo per condizionarne negativamente le prestazioni e minare la tutela del diritto alla salute dei cittadini. Da un lato, è assolutamente giusto che la vittima di prassi sciatte e scorrette ottenga giustizia per quanto subito, dall’altro lato, però, occorre difendere la dignità della classe medica e riaffermarne il diritto al esercitare la propria professionalità al riparo da pregiudizi che ne compromettano la serenità e l’autonomia operativa».