ANCONA - Ergastolo cancellato: Leopoldo Wick non è responsabile della scia di morti nella Rsa di Offida, in provincia di Ascoli Piceno. Il ribaltone del processo incardinato contro il 60enne infermiere di Grottammare si è materializzato ieri pomeriggio, quando la Corte d’Assiste d’Appello di Ancona ha pronunciato la sentenza dopo quasi sei ore di camera di consiglio: assoluzione perché il fatto non sussiste.
I casi
Disintegrato il verdetto di ergastolo pronunciato il primo giugno 2022 dalla Corte d’Assise di Macerata.
I giudici hanno anche disposto l’immediata scarcerazione dell’infermiere, recluso in carcere dal giugno 2020, con una pausa di sei mesi ai domiciliari tra dicembre 2021 e giugno 2022 su decisione della Corte d’assise poi revocata in Cassazione. Fino a ieri si trovava nel carcere di Marino del Tronto. Nella requisitoria, il procuratore generale Roberto Rossi aveva chiesto la conferma dell’ergastolo con un anno di isolamento diurno.
Era stata la testimonianza di un’ operatrice sanitaria della struttura a fornire l’assist che aveva dato impulso all’inchiesta. Nel giugno del 2020 c’era stato l’arresto di Wick con il trasferimento in carcere. Stando a quanto aveva ricostruito la procura, l’infermiere agiva con premeditazione, per mettere fine alla vita degli ospiti della Rsa somministrando loro dosi massicce di farmaci, come promazina, insulina, benzodiazepina e anticoagulanti. Somministrazioni ripetute nel tempo, superiori ai range terapeutici e che, dunque, potevano raggiungere concentrazioni tossiche e letali, considerando anche le precarie condizioni di salute dei pazienti.
Il movente
Le morti sono avvenute tra gennaio 2017 e febbraio 2019. Ma quale sarebbe stato il movente degli omicidi? Per gli inquirenti, Wick aveva agito per tenere a bada gli anziani, evitando urla e lamenti. Avrebbe voluto «causare la morte dei malcapitati anziani, “rei” di soffrire, sovente, di crisi, anche violente, di agitazione psicomotoria» si leggeva nelle motivazioni della sentenza di primo grado. «Un movente oggettivamente illogico» ha sempre sostenuto la difesa, che ha presentato appello puntando sulle lacune investigative di un processo indiziario. In primo grado l’Asur era stata chiamata a processo in quanto responsabile civile e condannata in solido con l’infermiere a risarcire le provvisionali. Con il ribaltone d’appello, anche l’azienda sanitaria è salva. Le motivazioni della sentenza tra 90 giorni, poi l’eventuale ricorso in Cassazione della Procura generale.