Pesca mirata al granchio blu o si divora anche il mosciolo

Pesca mirata al granchio blu o si divora anche il mosciolo

di Roberto Danovaro
4 Minuti di Lettura
Giovedì 31 Agosto 2023, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 11 Settembre, 12:59

In questi giorni è in corso a Bonn la seduta plenaria della Piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (Ipbes-10). Si tratta di un’organizzazione delle Nazioni Unite parallela all’Ipcc (che si occupa di cambiamenti climatici) nata per fornire informazioni scientifiche ai politici per attuare azioni di salvaguardia della biodiversità e di tutela del benessere umano. Il tema più rilevante in discussone è quello delle invasioni biologiche.

Dopo quattro anni di ricerche siamo in grado oggi di fornire un quadro complessivo sull’espansione delle specie aliene e del loro effetto sugli ecosistemi e sull’economia. Il termine “invasione biologica” è utilizzato per descrivere l’esplosione di organismi in nuove aree in cui vengono, anche non intenzionalmente, spostati dall’Uomo, causando effetti negativi sull’ambiente e sull’economia. Basti pensare che nell’ambiente terrestre oltre la metà delle estinzioni di piante animali è stato determinato proprio per effetto di queste invasioni di organismi. In mare l’estinzione di una specie è molto difficile, tuttavia queste specie possono portare al collasso molte altre specie marine che sono fondamentali per il funzionamento degli ecosistemi e per la nostra economia.

I dati sono preoccupanti poiché la crescita di specie aliene nel mondo sembra essere esponenziale con danni economici crescenti. Molto spesso queste invasioni sono favorite e anche dei cambiamenti climatici poiché molte specie vengono dai tropici e il riscaldamento globale permette loro di sopravvivere anche a più alte latitudini. Nel Mediterraneo negli ultimi 150 anni il forte traffico marittimo e il Canale di Suez hanno determinato l’ingresso di circa un migliaio di specie marine non autoctone, molte di queste sono anche tossiche. In altri casi si tratta di specie innocue per la salute ma pericolose per gli ecosistemi e le economie locali. Tra gli anni ‘80 e gli anni ‘90 la piccola noce di mare (una sorta di medusa) ha messo in ginocchio la pesca di tutto il Mar Nero cibandosi di larve di pesce azzurro. Quest’anno è salita alla ribalta della cronaca l’esplosione del granchio blu che, in particolare nel nord Adriatico, sembra avere effetti particolarmente negativi. Se ne sono occupate diverse testate giornalistiche e sono state già fornite molte informazioni su questa specie, vorrei quindi soffermarmi sul problema generale: come possiamo affrontare queste invasioni biologiche? Nel caso del granchio blu, si tratta di una specie che può raggiungere anche mezzo chilo di peso e oltre 25 cm dimensione dopo alcuni anni.

Non si tratta di un’alga che cresce e muore in pochi giorni. È quindi destinata a restare nei nostri mari a lungo causando danni cronici.

La preoccupazione deriva dal fatto che si sta diffondendo molto rapidamente in alcune regioni dell’Adriatico e per nutrirsi fa incetta di vongole e altri organismi che hanno un valore commerciale particolarmente rilevante per la nostra economia. Dobbiamo quindi capire se e come possiamo eventualmente fermare questa specie o quelle che sono entrate e potrebbero presto esplodere. Affrontare un problema quando è conclamato è sempre molto difficile, in particolare in mare dove sarà molto difficile se non impossibile eradicare una specie come il granchio blu. Forse siamo ancora in tempo nelle coste marchigiane dove il granchio blu non ha ancora raggiunto i livelli di abbondanza dell’Emilia-Romagna e del Veneto, ma dovremmo agire subito e in modo robusto anche perché negli anni a venire potrebbero manifestarsi esplosioni tali da compromettere componenti importanti della nostra economia, a partire dal famoso mosciolo di Portonovo che non ha solo un valore economico ma anche simbolico per il nostro territorio.

La soluzione che si è dimostrata più efficace è quella di sviluppare una pesca mirata al granchio blu. L’istituto Irbim del Cnr vede le maggiori competenze a livello nazionale nel campo della pesca e delle specie aliene e potrebbe sicuramente coadiuvare l’azione di governo regionale e dei pescatori in questa difficile missione. Fortunatamente parliamo di una specie dalle carni prelibate e largamente consumata in tutto il mondo dall’America del Sud agli Stati Uniti (dove in alcune zone la pesca lo ha drasticamente ridotto).

La sua pesca potrebbe quindi anche avere alcuni connotati economicamente interessanti. Non ci resta quindi che attrezzarci di nasse e buone ricette per combattere questa nuova battaglia che rappresenta l’ennesimo caso di una Natura sempre più scombussolata dalle attività umane e dei cambiamenti climatici.

* Professore ordinario all’Università Politecnica delle Marche titolare dei corsi di Biologia Marina, Ecologia 


ed Etica ambientale

© RIPRODUZIONE RISERVATA