Il gelo negli Usa non inganni nel 2100 sciare sarà un impresa

Il gelo negli Usa non inganni nel 2100 sciare sarà un’impresa

di Roberto Danovaro
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Giovedì 29 Dicembre 2022, 02:00

Non facciamoci trarre in inganno: l’ondata di gelo che sta colpendo gli Stati Uniti non rappresenta un errore nelle previsioni di un riscaldamento globale del pianeta Terra. Al contrario, fa parte esattamente della dinamica innescata da un clima impazzito in cui ondate di calore senza precedenti, come quella che si è registrata quest’estate, si alternano a delle ondate di gelo. È stato tutto previsto dai ricercatori che ripetutamente, con i rapporti dell’IPCC, il panel internazionale sui cambiamenti climatici, continuano a registrare un peggioramento del clima del Pianeta. La vera novità, che non dovrebbe passare inosservata, è che i cambiamenti stanno avvenendo molto più velocemente di quanto gli stessi ricercatori non avessero previsto.

Agire con urgenza

È quindi necessario agire con urgenza. Il nuovo studio del CNR sul clima, appena pubblicato, ci racconta che Il 2022 è stato l’anno più caldo di sempre in Italia dal 1800. Sia la Vigilia di Natale sia il 25 dicembre sono stati segnati dal caldo con temperature anomale, anche 10°C sopra la media, soprattutto al centro-sud e in montagna. Il primato (negativo) del 2022 riguarda sia le temperature massime sia quelle medie. Nel mondo, invece, è stato il 2016 l’anno più torrido a livello mondiale, precedendo il 2020 e il 2019, ma siamo solo in attesa di nuovi record per gli anni a venire. Le conseguenze di questi sconquassi climatici non si fermano alle anomalie estive come quella dell’estate scorsa ma, come ampiamente previsto, si ripercuotono sul periodo autunnale e invernale con le inondazioni che hanno colpito le Marche e altre regioni del mezzogiorno per finire con la tragedia di Ischia.

Ma c’è una buona notizia. Finalmente il governo ha pubblicato il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Si tratta di un piano, in realtà, concepito nel 2015 e completato nel 2018. Purtroppo, sono passati molti anni di inerzia che hanno avuto un costo sia economico sia in termini di vite umane. Ora dobbiamo recuperare il tempo perso. Le cose da fare non mancano e sono su più livelli. In primo luogo, è necessario agire rapidamente per conservare gli habitat e la biodiversità che sono in progressiva erosione. I risultati della conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, la COP15 di Montreal, hanno detto molto chiaramente che oltre 1 milione di specie è a rischio estinzione e se perdiamo biodiversità perdiamo anche la garanzia che ci offre la Natura di smorzare i cambiamenti climatici e di rendere il clima intorno a noi più confortevole.

Non si tratta di un anelito ambientalista ma di un rischio economico e sociale già quantificato.

L'Italia ha molto da perdere

Secondo le stime più recenti l’Italia ha molto da perdere con i cambiamenti climatici, sia d’estate sia d’inverno. Non sono solo rischi di tenuta delle infrastrutture e delle abitazioni nelle aree a rischio idrogeologico, ma anche un impatto economico sul turismo. Nello scenario peggiore, quello che si sta delineando con aumento di temperature di 4°C da qui al 2100, solo due impianti sciistici su 10 potranno farci ancora sciare sulla neve, gli altri saranno coperti solo da un manto erboso. Senza contare che anche la neve artificiale richiede di riserve idriche che stanno venendo meno per perdita di precipitazioni. Inoltre, nelle regioni che vivono di mare e turismo estivo, le perdite oscilleranno tra i 17 e circa 50 miliardi di euro all’anno. Stiamo restando senza spiagge per effetto dell’aumento del livello del mare e dell’aumento del moto ondoso. Gli eventi estremi spaventano il turismo. Le soluzioni ingegneristiche, come le barriere frangiflutti, si sono rivelate spesso disastrose. L’Unione europea ci spinge a trovare sistemi innovativi, basati sulla natura.

Costano meno e si mantengono da soli, ma dobbiamo essere consapevoli che uno scenario climatico diverso richiede risposte diverse da quelle che abbiamo dato in passato. Le nostre riserve d’acqua si stanno esaurendo. In estate consumiamo più acqua di quella che precipita e le falde acquifere si esauriscono lasciando spazio al mare che sta entrando sotto le nostre coste rendendo salata l’acqua dei nostri pozzi. Anche qui esistono nuove soluzioni come la desalinizzazione delle acque marine per produrre acqua potabile, ma dobbiamo decidere rapidamente o resteremo senza agricoltura (e senza turisti che d’estate vedrebbero uscire dai loro rubinetti acqua salmastra). Le future estati saranno sempre più siccitose, lo sappiamo già, e costruire gli impianti di desalinizzazione di dimensioni adeguate richiede investimenti e tempo. Non possiamo continuare a non agire perché i costi dell’inazione sono molto più elevati dei costi degli investimenti nell’adattamento climatico e nella lotta ai cambiamenti climatici. La ricerca scientifica ha già fatto la diagnosi, ora la cura la deve trovare la politica.

*Professore Ordinario all’Università Politecnica 
delle Marche, titolare dei corsi 
di Biologia Marina, Ecologia 
ed Etica ambientale

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