Siamo 8 miliardi in un condominio: chi inquina produce danni per tutti

Siamo 8 miliardi in un condominio: chi inquina produce danni per tutti

di Roberto Danovaro
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Giovedì 17 Novembre 2022, 06:10

Nell’ambito della Conferenza delle Parti (COP) 27, ovvero la Conferenza sui cambiamenti climatici che si sta svolgendo in questi giorni in Egitto, le Nazioni Unite hanno riunito i leader di tutti i Paesi del mondo intorno a un tavolo per rendere efficaci e realistici gli impegni presi nella lotta ai cambiamenti globali. Ma perché è così importante combattere i cambiamenti climatici? La risposta è molto lunga ma proverò a sintetizzarla in poche parole.

Non è tanto un problema di concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera, ma l’effetto di questi cambiamenti sulla Natura e sulle nostre vite. Aumento delle temperature (in modo diversificato in diverse regioni del Pianeta e molto più forte in Mediterraneo e nell’Artico che altrove), eventi episodici sempre più forti ed estremi come le alluvioni e le crisi idriche, l’espansione dei deserti, la fusione dei ghiacciai, l’acidificazione e la deossigenazione degli oceani. Insomma, un elenco di fattori che causano perdita di biodiversità a cui dobbiamo aggiungere gli impatti diretti dell’uomo, con l’inquinamento, la cementificazione, la perdita di suolo e di habitat naturali.

Non si tratta di un problema di sensibilità verso la Natura ma di un problema oggettivo e tangibile anche per le nostre vite e il nostro benessere. Basti pensare alla crescente perdita di vite umane, ai gravi danni economici e all’aumento dell’instabilità geopolitica globale causato dalla crisi climatica. Solo per fare un esempio, gli eventi estremi che hanno inondato il Pakistan a fine settembre non hanno solo causato un numero elevatissimo di vittime e oltre 33 milioni di sfollati, ma hanno anche avuto effetti economici gravi con una perdita del PIL del 2.2% e un crollo della produzione agricola, scatenando un ulteriore aumento dei costi degli alimenti. Le Nazioni Unite nell’ambito di questa COP indicano nei cambiamenti climatici non più un rischio bensì un fattore certo di perdita di benessere e prosperità dell’intera umanità. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha dichiarato: «Siamo e resteremo promotori dell’azione per il clima. Siamo determinati a proteggere la natura, gli oceani e le foreste che sono i nostri polmoni e garantiscono la vita umana sulla Terra e la biodiversità». Siamo in un mondo dove tutto è sempre più strettamente connesso. Siamo un condominio che ha appena raggiunto 8 miliardi di abitanti, in cui quello che avviene in Amazzonia (che produce il 10% dell’ossigeno globale) ha ripercussioni anche sull’Europa.

Per questa ragione, uno dei discorsi più attesi alla Conferenza è stato quello del neo-presidente del Brasile Lula che ha annunciato un cambiamento di rotta rispetto a Bolsonaro che aveva dato il via libera al taglio e vendita del legname secolare di questo incredibile ecosistema.

Lo stop di Lula alla distruzione della foresta amazzonica è una scelta a favore della lotta ai cambiamenti climatici ma ha dei costi. Chi li sosterrà? Certamente non è giusto che lo faccia il Brasile da solo. Serve un’azione collettiva, uno sforzo comune. Per questo il Presidente del Consiglio Europeo Michel ha dichiarato che l’Europa farà la sua parte e metterà a disposizione le risorse economiche per portare avanti questa battaglia. La COP27, dopo numerose conferenze preparatorie, ha reso evidente che il problema vero è la necessità di agire perché le soluzioni ci sono, anche in Italia, ma vanno attuate. Sappiamo ad esempio come possiamo mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, come ridurre gli impatti dei dissesti idrogeologici, come affrontare le crisi idriche e come regolarci con le ondate di calore. Si chiama Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. Redatto nel 2016, è rimasto congelato per un lustro per essere approvato dal Ministero della Transizione Ecologica solo l’anno scorso. Sarebbe uno strumento prezioso, ma nessuno strumento è utile se non viene utilizzato e noi in Italia non abbiamo ancora fatto nulla.

Per sviluppare la politica del “fare” sono necessari tre elementi chiave: il primo è la consapevolezza del problema (e credo che questa ora ci sia), il secondo è sapere cosa fare (abbiamo un piano e delle soluzioni) e il terzo è mettere a disposizione le risorse per farlo. È proprio l’ultimo punto il più delicato. Le risorse sono sempre poche e nonostante l’importanza dei temi della COP27, molti paesi, Italia inclusa, dovranno scegliere se comprare armi o investire nella Natura e cercare di salvare il Pianeta. La guerra in Ucraina e le tensioni internazionali stanno offuscando le menti dei grandi del Pianeta. Ma siamo di fronte a una crisi globale, quella del clima, che causerà nel mondo più vittime e perdite di tutte le guerre messe assieme. Gli obiettivi della COP27 non saranno raggiunti se non poniamo fine alla guerra. Serve la pace se vogliamo combattere i problemi del Pianeta, salvare le vite di milioni di innocenti, rilanciare la transizione ecologica e la nostra economia.

* Docente all’Università  Politecnica delle Marche  epresidente della Stazione  zoologica-Istitutonazionale 
dibiologia, ecologia  e biotecnologie marine

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