Clima, lo schianto è sicuro: ora si deve ridurre il danno

Clima, lo schianto è sicuro: ora si deve ridurre il danno

di Roberto Danovaro
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Giovedì 28 Dicembre 2023, 05:00

Si sono da poco conclusi i lavori della COP28, l’evento che ogni anno definisce gli impegni di tutti i paesi del mondo per combattere i cambiamenti climatici. Le COP (Conferenze delle Parti), organizzate dalla Nazioni Unite, si sono da tempo poste l’obiettivo di contenere l’aumento di temperatura media del Pianeta al di sotto di 1.5°C rispetto all’era preindustriale. Le trattative sono partite, come sempre, con la speranza di un accordo importante ma sono minate nella credibilità dal fatto che sono stati ospitati dall’Arabia Saudita, uno dei più grandi produttori di petrolio e gas al mondo.

La sfida era molto ardua e facendo un parallelo sarebbe stato come chiedere al “macellaio” di convertirsi a “verduriere” dato che troppa carne fa male alla salute. Ovviamente non si poteva aspirare a tanto, infatti i risultati non sono stati quelli sperati. Per quanto riguarda il clima non credo ci sia molto da dire: è evidente che il caldo degli anni 2022 e 2023 abbia fornito una prova schiacciante di quanto stiamo vivendo e vivremo. Le statistiche ci dicono che sono stati gli anni peggiori in termini di riscaldamento nella storia dell’umanità, almeno da quando ci sono dati e misure di temperatura raccolti scientificamente. Parliamo di picchi di temperatura, scarsa piovosità, zero termico a 5000 m con fusione dei ghiacciai. L’estate del 2023 è stata quella con l’ondata di calore più prolungata della storia e il caldo si è protratto praticamente senza interruzioni per mesi.

Basti pensare che tra fine novembre e inizio dicembre, proprio nei giorni della COP28, ad Ancona si girava ancora in maglietta a maniche corte. Queste condizioni sono così assurde (anche se largamente previste dalla ricerca) che avrebbero dovuto spingere tutti i governanti del Pianeta ad accelerare il processo di abbandono dei combustibili fossili. Non è stato così, evidentemente, ma la COP28 non è stata un fallimento perché, tra polemiche e smentite, un risultato è stato raggiunto: sono stati proprio i produttori di petrolio a dire che l’era dei fossili è finita e che è necessario avviare la transizione ecologica. Per la prima volta pur parlando di una “transizione progressiva” è stato chiarito che tutti i paesi anche quelli che vivono e si arricchiscono grazie alla vendita di petrolio e gas dovranno avviare questo processo che porterà verso una significativa diminuzione di emissione di CO2. Attualmente l’87% della produzione di anidride carbonica e di gas serra è dovuta all’attività dell’uomo.

Pensare che non sia utile ridurre queste emissioni appare quindi assolutamente fuori luogo. Anzi, per chiarire meglio, ogni atteggiamento di cautela o prudenza volto a minimizzare l’impatto dei cambiamenti climatici non farà altro che aggravare il problema.

Alcuni dati: il 2023 che si chiuderà tra pochi giorni sarà probabilmente ricordato come l’anno più caldo di sempre, con un aumento temperatura di 1.43°C rispetto all’era preindustriale. Siamo veramente vicini all’ aumento massimo di 1.5°C che era stato posto come obiettivo dalla Conferenza di Parigi del 2015. Oramai tutti i ricercatori che si occupano di clima ritengono non possibile restare al di sotto di questa soglia, la sforeremo certamente. Tuttavia, dobbiamo limitare i danni perché se è vero che non riusciremo a contenere le temperature in 1.5°C, è altrettanto vero che ogni decimo di grado in meno di riscaldamento avrà effetti molto positivi sulla nostra salute, sul rischio di alluvioni e dissesti idrogeologici, sulla fusione dei ghiacciai, sulla disponibilità e durata delle piste da sci (anche per guardare ad aspetti del turismo così importanti per la nostra economia). È come se fossimo tutti insieme in un’enorme auto lanciata contro un muro in accelerazione. Probabilmente non riusciremo ad evitare lo schianto, ma cominciare a frenare sarebbe utile per limitare i danni. Schiantarsi a 100 o a 30 km orari farebbe una grossa differenza.

La speranza per il 2024 è che questo sia evidente a tutti i governi, incluso il nostro avendo chiaro che la sovranità energetica di un Paese che non ha petrolio e gas a sufficienza, si conquista accelerando la transizione alle energie rinnovabili. Consapevoli che in Italia non disponiamo neanche di uranio per le centrali nucleari e che non abbiamo tempo da attendere per fare nuove centrali, l’unico modo per essere veramente sovrani del proprio rifornimento energetico è quello di puntare sull’energia rinnovabile, a partire dall’eolico offshore o dal solare (anche perché in Italia mare e sole non mancano). L’auspicio per il 2024 è che sia un anno di consapevolezza del fatto che non c’è altro tempo da perdere e che combattere i cambiamenti climatici puntando sulle rinnovabili è nell’interesse di tutti.

* Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente  della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia  e biotecnologie marine

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