Statali, Madìa: "Per i dirigenti
carriere mobili e licenziabilità"

Marianna Madia
Marianna Madia
di Marianna Madia*
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Mercoledì 21 Maggio 2014, 07:59 - Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 15:16
ROMA - A distanza di alcune settimane dall’inizio della consultazione pubblica e dopo circa 20.000 mail vorrei approfondire il tema della riforma della dirigenza pubblica.



La grande partecipazione all’iniziativa mette in luce la novità della fase storica che viviamo e la necessità di nuove e articolate forme di costruzione delle decisioni politiche.



Dal buon esito degli interventi sulla dirigenza pubblica, ci giochiamo il successo dell’efficacia futura dell’intera riforma della pubblica amministrazione. E’ dalla testa che si deve partire valorizzando il prestigio di chi è chiamato a guidare la più complessa e importante “azienda” del paese. Oggi non è cosi. E non per colpa esclusiva delle persone, ma per i meccanismi di funzionamento.



Pensare alla riforma della dirigenza pubblica, significa interrogarsi anzitutto su quale modello si vuole costruire: un modello basato su una dirigenza di ruolo, formata negli anni con importanti investimenti pubblici, oppure un modello “spoil system” che affida alla politica la responsabilità di individuare le professionalità migliori per ricoprire gli incarichi.



Noi abbiamo deciso di investire sulla dirigenza di ruolo selezionata per concorso perché crediamo che, a determinate condizioni, possa garantire la migliore gestione della cosa pubblica. Che non significa rinunciare a creare un “mercato del lavoro” della dirigenza.



La nostra proposta si articola su cinque punti: una grande scuola di formazione pubblica; un ruolo unico della dirigenza; percorsi di carriera basati su incarichi a tempo determinato; positiva osmosi con il settore privato; omogeneità delle regole della dirigenza statale e locale.



In primo luogo,abbiamo deciso di investire su una grande e unica scuola di formazione per i dirigenti, che accorpi tutte quelle attualmente esistenti, pur garantendo i dovuti e specifici percorsi professionali, in particolare riguardo ad alcune professionalità.



In secondo luogo, e fortemente connessa con la fase formativa, riteniamo fondamentale l’introduzione del ruolo unico della dirigenza. In questi anni, la parcellizzazione dei concorsi e delle selezioni, insieme alla scarsa mobilità del personale, ha determinato la tendenza a costruire figure professionali eccessivamente specializzate, “esperti” per materia o per area, più che dirigenti idonei a gestire, in modo trasversale, risorse umane ed economiche. Vogliamo professionisti che siano dirigenti di tutta la Pubblica Amministrazione.



Al rilancio della formazione e al ruolo unico, intendiamo affiancare un cambiamento radicale nei percorsi di carriera che passa per il superamento dell’attuale sistema delle fasce (dirigenti di I e II livello). L’attuale sistema ingessa la carriera di un dirigente e la rende indipendente dai risultati effettivamente prodotti. Pensiamo invece che la carriera di un dirigente debba essere sempre “mobile”, sia verso l’alto che verso il basso, con l’assunzione di incarichi per un tempo determinato anche con l’inevitabile risoluzione del rapporto per quei dirigenti che rimangano per molto tempo privi di incarico. Questa ci pare la strada migliore anche per dare finalmente un effettivo peso alla valutazione, che in un sistema per l’appunto “mobile” diventa elemento determinante per la concreta progressione di carriera di un dirigente.



A una solida ossatura di dirigenti di ruolo, va integrata una positiva osmosi con il settore privato: chi rimane senza incarico può cercare un lavoro nel settore privato, mantenendo il “diritto” a rientrare nel pubblico ove nuovamente chiamato. Siamo anche coscienti che sia importante conservare, pur correggendo alcune attuali distorsioni, una apertura qualificata al mondo delle professioni esterne alla Pubblica Amministrazione.



Chiudo con un concetto che ritengo di prospettiva. Dobbiamo tornare a considerare la PA nel suo complesso, superando inutili steccati che attualmente dividono amministrazioni locali e centrali. Vorremmo affermare che tutti coloro che hanno un rapporto di lavoro con la PA sono dipendenti della Repubblica, incardinati temporaneamente presso un singolo ente. Si tratta di un auspicio importante che speriamo possa concretizzarsi all’esito del percorso di confronto già avviato con Regioni e Comuni.



* ministro Pubblica Amministrazione