ASCOLI - «L’acqua dei Sibillini non c’è più». Il presidende della Ciip, Pino Alati, e il direttore Gianni Celani non usano mezzi termini e sgombrano il campo dagli equivoci rappresentando una crisi senza fine per le portate delle sorgenti che garantiscono la risorsa idrica al Piceno e a una parte del Fermano.
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«Da mesi veniamo attaccati, il più delle volte pretestuosamente. Tanti cittadini utilizzano anche i principali social network e si lamentano perchè la qualità dell’acqua non è come quella di un tempo - spiega Alati -. Purtroppo, come diciamo ormai da anni, anche se qualcuno aveva messo in dubbio le nostre grida d’allarme, le sorgenti stanno garantendo portate ai minimi storici. Fortunatamente, essendo questa un’azienda che negli anni non è stata con le mani in mano e ha programmato e investito sul futuro».
«Sono stati realizzati gli impianti di soccorso - prosegue Alati - che fino ad ora ci hanno consentito di fornire acqua potabile e di non procedere alle chiusure e alla razionalizzazione della risorsa. Ma se andiamo avanti così, dovremmo prendere provvedimenti drastici». A rappresentare la situazione drammatica ci pensa, con la forza dei numeri, l’ingegner Carlo Ianni. «Veniamo da tre annate particolarmente siccitose in cui le precipitazioni sono state ai minimi storici - dice il dirigente della Ciip -con la sorgente di Capodacqua che attualmente ha una portata al di sotto dei 200 litri al secondo invece dei quasi 400 che garantiva fino a qualche anno fa, mentre quella di Foce attualmente si attesta a 150 litri al secondo invece degli oltre 600 di prima. Siamo agli stessi livelli registrati negli anni 1988/1989 e 1989/1990 quando però Foce era scesa a 450 litri al secondo. Oggi mancano almeno 300 litri che sono quelli andati persi a seguito del sisma».
Il clima
L’autorizzazione
Una situazione critica che potrebbe almeno parzialmente essere fronteggiata se si ottenesse l’autorizzazione a immettere nella condotta principale anche i circa 100 litri al secondo garantiti dai nuovi pozzi realizzati a Capodacqua. «Purtroppo il comitato di protezione civile nazionale regionali al momento non ci dà le autorizzazioni necessarie poichè questi pozzi non pescherebbero dallo stesso bacino acquifero di Capodacqua le cui qualità dell’acqua sono già conosciute - riferisce Ianni -. Così facendo si dovrebbero eseguire le analisi nel corso di un anno e pertanto fino a quel momento quell’acqua, pur avendola a disposizione, non potrà essere utilizzata». Inoltre, è statoi chiarito anche il fenomeno dell’acqua rossa che talvolta sgorga da qualche rubinetto. Dipende dal fatto che utilizzando l’acqua dell’impianto di soccorso è necessaria la clorazione seppur in minima quantità. Il cloro determina il distaccamento depositi ferrosi dalle tubature che danno quella colorazione all’acqua.
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