Le Marche piangono la marchesa Vittoria Vettori Honorati, morta a 104 anni

La marchesa Vittoria Vettori Honorati
La marchesa Vittoria Vettori Honorati
di Maria Cristina Benedetti
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Venerdì 7 Ottobre 2022, 05:25 - Ultimo aggiornamento: 07:49

ANCONA- Era la memoria d’una famiglia di combattenti della carta stampata. Bellezza serena nei tratti, eleganza nel gesto e nella parola, la marchesa Vittoria Vettori Honorati. La nobildonna s’è congedata da una esistenza, lunga e densa, a 104 anni. Il suo carattere forte le ha concesso di resistere. Sempre. La trama della sua vita era scritta in quella dei suoi tre figli, Giorgio, Andrea e Livia, e dell’ingegner Massimo Honorati, un ragazzo elegante, che aveva notato da adolescente nella chiesa di San Cosma. «È stato l’unico grande amore della mia vita» esclamava spesso. Rimasta vedova nel ‘58 a soli quarant’anni, non s’era mai voluta risposare.

La memoria

Era nata il 12 gennaio del 1918, Vittoria, quinta e ultima figlia di Guglielmo Vettori, grande avvocato penalista prematuramente scomparso nel ‘38, e di Livia Marchetti.

Fu lei la portabandiera della tradizione collettiva: il bisnonno Giacomo, proprietario e direttore del Corriere Adriatico, aveva poi fondato L’Ordine. Lo zio Vittorio, direttore del Corriere Adriatico, aveva diretto in seguito Il Giornale d’Italia. E il fratello Marcello, giornalista, fu direttore di Voce Adriatica e del Corriere di Sicilia.

Il ricordo

La voce gentile e composta di Andrea, il suo secondogenito, 40 anni nell’Avvocatura dello Stato e stesse radici profonde doriche della madre, non oppone resistenza alla commozione: «È stata lucida fino all’ultimo istante. Mi ha rattristato molto vederla priva di iniziative. Un lento scivolare via. Ma sempre lucida» ripete per imprimere per il segno indelebile della fierezza dell’amata mamma, che s’era laureata in Giurisprudenza a Roma, con una tesi di Diritto Internazionale. «Si rammaricò - risistema i tasselli d’un prezioso vissuto - di non aver sostenuto l’esame da procuratore, dopo la laurea: sarebbe potuta entrare in studio col fratello avvocato, Armando». Al ritorno ad Ancona, Vittoria, dall’appartamento di Corso Mazzini non si era mai mossa, se non per trascorrere le estati nella villa di San Biagio di Osimo. «È nata e morta lì» è ancora la voce narrante di Andrea. «Ricordava con rimpianto le lunghe giornate di bambina in spiaggia a Palombina, e degli anni della guerra rammentava, con sgomento, le fughe repentine nei rifugi e il parroco di San Domenico che portava in alto il Santissimo, inoltrandosi tra le macerie del centro». Nel cuore ferito della sua Ancona, che oggi le porgerà l’ultimo saluto alle 15, a San Cosma. Là dove da adolescente s’innamorò di Massimo, l’uomo della sua vita.

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