I Nomadi con il loro “Sessanta tour” fanno tappa a Montegranaro: «Quello che stiamo vivendo è stupendo, attiriamo tanta gente»

I Nomadi con il loro “Sessanta tour” fanno tappa a Montegranaro: «Quello che stiamo vivendo è stupendo, attiriamo tanta gente»
I Nomadi con il loro “Sessanta tour” fanno tappa a Montegranaro: «Quello che stiamo vivendo è stupendo, attiriamo tanta gente»
di Chiara Morini
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 4 Ottobre 2023, 07:20 - Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 07:33

MONTEGRANARO - Sessant’anni e non sentirli: tanti sono gli anni di carriera dei Nomadi che sabato 7 ottobre, alle ore 21,30, faranno tappa, con il loro “Sessanta tour”, in piazza San Serafino a Montegranaro.
Beppe Carletti, fondatore dei Nomadi, si iniziano a sentire i 60 anni di carriera? 
«No, io non li sento, anzi sono bellissimi. Quello che stiamo vivendo è stupendo, attiriamo tanta gente, c’è un grande coinvolgimento, e in 60 anni di carriera non ne ho visto così tanto, mi auguro sia lo stesso a Montegranaro».

 
Per i 60 anni è uscito un disco di inediti, non un’antologia, come mai? 
«Sa che stavo pensando proprio a questo? Non si finisce mica la carriera al 60esimo anno, quando vedo il pubblico, numeroso, di tutte le età, che continua a cantare con noi le nostre canzoni, mi viene la pelle d’oca. Fare un’antologia per i 60 anni di carriera è come dire che siamo quasi alla fine, ma la nostra carriera non è terminata. Certo è un anno particolare, ma siccome andiamo avanti abbiamo fatto un disco inedito».
Emozionati per questi 60 anni? 
«Tra le emozioni più grandi? Quando ci hanno chiamato perché il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella voleva incontrarci e siamo stati da lui, nel suo ufficio. Un incontro stupendo, non abbiamo parlato tanto di musica, quanto di vita. O quando il cardinale Zuppi ci ha chiesto di spiegargli un nostro brano».
Cantate la vita anche in “Cartoline da qui”, l’ultimo album? 
«Sempre. È stata una nostra scelta non smettere, abbiamo sempre continuato, come nel nostro stile, anche nei periodi meno belli. Siamo stati premiati per questo. Nel disco ci sono un pezzo che mi ha “regalato” anni fa Giorgio Faletti e una canzone che ha scritto Ligabue. Un regalo più bello per questo 60esimo compleanno non potevamo farcelo: cantare la vita con le sue gioie e i suoi dolori». 
Riuscite ancora a farlo?
«Se non lo facessimo non saremmo i Nomadi. Ci può essere semplicità anche in una canzone importante. E dopo questi concerti estivi siamo già pronti per quelli invernali. Sempre cantando la vita e non fermandoci mai: siamo fortunati, saliamo sul palco per la nostra passione e veniamo pagati. La passione, mai sopita, è diventata professione. Nelle cose bisogna crederci, come quando ho chiesto i versi di una poesia a Guccini, che mi aveva promesso tempo fa, e che ancora ricordava, o Ligabue che mi ha cercato per offrirmi questo brano».
Nell’album, oltre a Reggioli, c’è un altro “pezzetto” di Marche…
«Sì, Neri Marcorè. Lui ha recitato i versi di Guccini: non ci conoscevamo, l’ho chiamato e ha accettato subito. Un grande onore avere la sua voce per questi versi così intensi. Questo cd è un disco per i 60 anni, ma fatto per oggi, per il presente, forse tra i più belli dei giorni nostri». 
Voi dopo 60 anni ci siete, ma quelli di oggi?
«Non lo so, ma su di noi vorrei raccontare un aneddoto: io e Augusto vivevamo a Novellara e un giorno mi disse “Che bello sarebbe, quando non ci saremo più, se i Nomadi ci fossero ancora”.

Ora lui purtroppo è mancato, io ci sono ancora, e ci sono ancora i Nomadi. Stupendo».

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