Lo stage manager Spagnoli sul concerto del Komandante ad Ancona: «Perdersi Vasco non ci sta, poi c'è la novità della sezione fiati»

Diego Spagnoli, direttore di palco di Vasco rossi
Diego Spagnoli, direttore di palco di Vasco rossi
di Marco Chiatti
3 Minuti di Lettura
Giovedì 23 Giugno 2022, 10:21

ANCONA - Chi segue Vasco lo sa. Chi non lo segue lo impara subito. Diego Spagnoli dal lontano 1982 è lo stage manager (ovvero direttore di palco) di Vasco Rossi. Ma Diego Spagnoli è molto di più, per il Komandante. È lui infatti che da sempre ha l’onore di presentare la band. Presentazione che diventa evento nell’evento, perché Diego è anche un grande uomo spettacolo.

Da decenni collabora inoltre con artisti italiani e internazionali come Baglioni, Venditti, Pino Daniele, Al Jarreau, Joe Cocker, Jethro Tull, Barry White, Dionne Warwick, Rod Stewart, Rem, Sting. Toccherà a lui, che conosce tutti i segreti dello show di Vasco, anticipare gli aspetti anche meno conosciuti del concerto.


La data anconetana è ormai vicina (26 giugno), lei che conosce il Komandante da anni, come presenterebbe questo tour? Che concerto sarà?
«Ne ho visti tanti di concerti di Vasco, ma stavolta c’è un’emozione speciale, sia sul palco sia fuori. E’ molto difficile per noi, molto dura, ma per quelle 2 ore e mezza ne vale proprio la pena, perdersi il concerto di Vasco di quest’anno non ci sta. Poi c’è la novità della sezione fiati che dà una sonorità molto diversa».


Dal punto di vista tecnico, quali sono i numeri più impressionanti e le tecnologie più interessanti?
«Molto si sviluppa sugli schermi, il risultato che si ha sugli schermi non è di poco conto. Le immagini sono emotivamente evocative. Poi l’audio è più di un disco, molto bello».


Il suo ruolo con Vasco è cruciale: cosa succede qualora ci sia un imprevisto tecnico?
«La cosa fondamentale è che non deve andare a disturbare l’emotività di chi sta sul palco. L’abilità dei tecnici è riuscire a vedere il problema prima che si sviluppi.

Anni fa per vari motivi andò via la tensione sul palco. Tornata, Vasco ha sminuito: “Che bello, sembra di essere alla festa dell’Unità anni fa quando la corrente saltava sempre se suonavi forte!”».

Su cosa si basa il suo rapporto di fiducia ormai quarantennale con Vasco?
«Sulla fiducia, lo hai già detto. Lui si fida di me e io di lui. Gli artisti, o molti di essi, non sono poi così riconoscenti. Invece questa lunga storia è segno di grande riconoscenza. A volte sembra che non siamo d’accordo, però alla fine vedo che ha ragione lui. Lui conosce cosa desidera la gente in quel momento».

La scomparsa di Guido Elmi, suo produttore artistico, che ha cominciato con voi, cosa ha cambiato?
«Vince Pastano è un allievo di Guido Elmi, quindi un elemento di continuità fondamentale. Quando facciamo qualcosa il riferimento a Guido c’è sempre».


Dove vede la modernità di Vasco Rossi e il suo successo anche fra i più giovani?
«Il fatto che non dice molte parole, lui va per slogan, va per concetti, arriva diretto. E la gente sa che quello che dice lui è vero. La sua sincerità, senza doppi sensi, è disarmante per la gente».


Infine qualche ricordo che la lega alle Marche, dove Vasco è sempre venuto e spesso ha fatto anche date zero… 
«Ricordo Fabriano che era la data zero. Vasco aveva appena abbracciato il non proibizionismo. Non sapevo cosa dire alla presentazione della band. Proprio prima di salire sul palco, trovo un cespuglio di erbacce: chiaramente la gente ha subito ricollegato… Mia madre mi ha detto se promuovevo il biologico!».

© RIPRODUZIONE RISERVATA