Suez, il canale blindato. Container a peso d’oro e ritardi nelle consegne (anche) marchigiane

Suez, il canale blindato. Container a peso d’oro e ritardi nelle consegne (anche) marchigiane
Suez, il canale blindato. Container a peso d’oro e ritardi nelle consegne (anche) marchigiane
di Martina Marinangeli
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Lunedì 22 Gennaio 2024, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 12:08
ANCONA Un effetto domino che travolge come una valanga l’intera filiera economica e commerciale, fino a colpire il consumatore finale che vedrà schizzare alle stelle i prezzi dei prodotti acquistati. Il butterfly effect applicato alla geopolitica mondiale parte dal canale di Suez e arriva fino alle Marche, impattando su chi trasporta le merci, su chi le vende e, appunto, su chi le compra. L’escalation militare che ha reso altamente insicura quella porzione di mondo sta imponendo una revisione delle rotte navali, con conseguente aumento dei tempi di percorrenza e dei costi per i prodotti che arrivano dall’Est del globo.  


Le fibrillazioni


Le tariffe standard dei container da 40 piedi per il trasporto delle merci oscillano tra i 2.500 ed i 2.800 euro. Oggi, con la crisi di Suez in corso, si stanno toccando punte di 6-7mila euro. Un’impennata difficilmente gestibile dagli imprenditori che su quei container fanno viaggiare i loro prodotti. «Abbiamo tanti container viaggianti che stanno arrivando e ci è stato annunciato un contingency surcharge, ovvero un aggravio di spese per forza maggiore perché le navi vengono dirottate sul Sud Africa - l’allarme di Danilo Falappa, fondatore di Innoliving -. Parliamo di 15 giorni in più di viaggio», che però per l’imprenditore non giustificano un aumento così significativo dei costi. «Non ha senso perché le forze internazionali hanno subito messo le navi di scorta. Non siamo disposti ad accettare i rincari. E il danno più grande è sul ritardo delle merci: in alcuni casi avremmo dovuto consegnarle entro gennaio e invece ci è già stato preannunciato il ritardo di 15-20 giorni». Ritardi che spesso si traducono in perdita delle vendite e quindi del fatturato. Fin qui, i danni alle merci partite quando non c’erano venti di guerra a soffiare su Suez e per le quali sono cambiate le carte in tavola a gioco iniziato. «Per la merce che sta partendo ora - prosegue l’analisi Falappa - i rincari saranno del 140% rispetto alle tariffe normali, anche questi poco giustificati». E porta un esempio a corollario della sua tesi: «Un container che viaggia per 28-30 giorni per arrivare ad Ancona aveva un costo di 2.500/3mila euro». Se, con i tempi dilatati dalla revisione del tragitto, «naviga 45 giorni, dovrebbe costare 4mila/4.500 euro.

Invece stiamo superando i 6mila euro, quindi significa che la causa è legata alla speculazione. E tutto ciò si traduce in inflazione».

La preoccupazione

Una preoccupazione, quella di Falappa, condivisa anche dal presidente di Confindustria Marche Roberto Cardinali, che con la sua Tecnofilm sta già toccando con mano le conseguenze della crisi di Suez sui prodotti in arrivo dall’Asia: «Abbiamo riscontrato rincari - spiega - e un rilevante aumento dei tempi di percorrenza. Benché l’impatto sull’economia sia legato alla durata della crisi, questa situazione inizia a farsi sentire in negativo».
Declina la teoria nella pratica della sua azienda: «Per noi il costo dei container di solito è tra i mille e i 2mila euro, ma un fornitore ci ha già informato che ora sono sui 7mila, e arriveranno con un ritardo di 15-20 giorni». Allarga il ragionamento facendo notare come, «quando iniziano a registrarsi ritardi, si inceppa la programmazione dei porti di trasbordo: l’attività si ingolfa perché le navi non arrivano più a cadenza regolare. Cosa che provoca ripercussioni anche su rotte diverse da quella per il Mar Rosso». Un effetto domino, appunto. Che colpisce un po’ tutti i settori. «I vini subiranno un rialzo spaventoso se le navi dovranno davvero passare per Cape Town - il monito della regina del vino Angela Velenosi -. La crisi di Suez rappresenta un problema grave per noi che lavoriamo molto con l’Asia. E la situazione diventa disperata se i trasporti verranno dirottati sul Sud Africa».


L’altra metà del cielo


Rovescia invece la prospettiva il patron di Elica Francesco Casoli: «Se da una parte, l’interruzione di una rete logistica importante come quella legata a Suez ha sempre conseguenze negative, dall’altra potrebbe riequilibrare la concorrenza di chi fin qui ha fatto dumping. In Elica crediamo nella verticalizzazione e dipendiamo molto poco dai Paesi extra Ue. Premesso che le guerre sono sempre atroci, questa crisi potrebbe far finalmente capire che la sicurezza della fornitura è un valore, e non lo si deve barattare per un prezzo più basso». L’altra metà del cielo.
 

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