Dai gol ai fornelli, la seconda vita di Lorenzo Scarafoni: «I calzini rossi di Rozzi portafortuna in cucina. Mi manca Mazzone. Il calcio? Oggi è marcio»

Dai gol ai fornelli, la seconda vita di Lorenzo Scarafoni: «I calzini rossi di Rozzi portafortuna in cucina. Mi manca Mazzone. Il calcio? Oggi è marcio»
Dai gol ai fornelli, la seconda vita di Lorenzo Scarafoni: «I calzini rossi di Rozzi portafortuna in cucina. Mi manca Mazzone. Il calcio? Oggi è marcio»
di Laura Ripani
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Sabato 30 Marzo 2024, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 15:23

La caponata di melanzane alla palermitana che fanno, ma solo un po’, il verso al tradizionale fritto misto. «Sono il mio forte, oggi che sto in cucina e non corro più dietro a un pallone». Già. Lorenzo Scarafoni da Ascoli le scarpette al chiodo le ha appese qualche anno fa «dopo che il calcio - dice - è diventato un business non più un gioco». Per continuare a divertirsi si è dunque buttato anima e corpo sulla ristorazione.


Dal campo ai fornelli, è pronto chef?
«Qui a Marina di Altidona sto benissimo. Insieme a mia moglie, Elena Sbragi, ho aperto lo chalet Bagni Sant’Andrea dopo una prima esperienza a Villa Rosa in provincia di Teramo. Abbiamo vinto un bando, così possiamo soddisfare le nostre fantasie erotico culinarie».

 


Si scalda subito, lei...
«È che qui mi sento proprio a mio agio. Ho viaggiato tanto e ho imparato a cucinare i piatti in ogni città che ho visitato. Come se non fosse un lavoro, lo faccio per piacere».
Come quando faceva gol. 
«Il calcio non è un lavoro o, meglio, se vuoi che diventi un lavoro ci vogliono sacrifici, talento e passione e non tutti ne sono capaci. Molti pensano sia una scorciatoia per diventare ricchi».
Perle di saggezza in perfetto stile Mazzone.
«Sono stato il suo vice ed è stato un grandissimo privilegio. Ho iniziato a giocare nell’82 esordii durante un Roma- Ascoli e ho smesso con il Palermo. Con Mazzone ci siamo rincorsi per anni dopo il mio esordio ma non ho avuto più modo di essere un suo giocatore. Fino a quando non mi chiamò come vice. Una emozione immensa».
Chi è stato per lei?
«Un padre. Vivevo in simbiosi con lui al Bologna. Ti rapiva. Ha presente i barboncini? Ecco, ti voleva sentire vicino».
Poi quando andava in trance agonistica però non ce n’era per nessuno.
«Mica vero: lui aveva molto rispetto per tutti. Certo, poi c’erano quai momenti nei quali perdeva l’aplomb e parlava in romanesco. Tirava fuori le battute».


Ce ne racconti qualcuna.
«Con Megni che un giorno non giocò proprio una partita esaltante. Gli disse di farsi la doccia e pure lo shampoo sotto la doccia». 
Rozzi, Anconetani e Resi. Anche come presidenti non si è fatto mancare nulla.
«Signori presidenti che si impicciavano parecchio ma con competenza. Anzi, Anconetani era un vero conoscitore di calcio dal punto di vista tecnico».
E il presidentissimo ascolano?
«Era un grande conoscitore di calcio ma soprattutto degli uomini. Lo vedevi poco, ma a lui interessava soprattutto la parte umana. Se un calciatore era una persona perbene la prendeva e poi certo guardava anche se ci sapeva fare».
Ma lei fu molto impertinente con lui.
«E che ci posso fare? Avevo appena 12 anni e stavo lì sin dai pulcini quando gli chiesi perché portava i calzini rossi. Lui mi fece capire di farmi gli affari miei, capii che c’era dietro una questione scaramantica che non si poteva rivelare». 
Invece riveliamo cosa vi diceste lei e Passarella.
«Li facevo penare i difensori e lui era uno dei più forti che io abbia mai incontrato nella mia carriera, e non che a quei tempi ce ne fossero di scarsi, mi vengono in mente Bergomi, Vierchowod e appunto Daniel. Era molto famoso per essere diciamo così “cattivo” in campo. E confesso che ne avevo paura, forse l’unico. Gli avevo fatto un fallo e mi aspettavo che me lo restituisse con gli interessi. “Mi tronca” pensavo. E invece a fine partita mi ha dato un buffetto: “Abbiamo lo stesso procuratore, ti pare che avrei potuto farti del male?”».
Un calcio già calcolatore.
«Mai come oggi. Oggi ti inducono a pensare che se sei un calciatore fai un sacco di soldi senza fare niente. Invece i giocatori sono la parte più “pulita”. Solo alcuni, i più famosi guadagnano un sacco di soldi, gli altri sono solo pedine. Il marcio è altrove».
E dove sta il marcio?
«I guadagni vengono ripartiti tra tutti tranne che nei conti dei calciatori e inoltre se non giochi in serie A già scendendo di categoria fai la fame o quasi».
Però da sempre una bella vita, donne, trasgressioni...
«Ma no! Ci sono orari da rispettare devi fare la vita da atleta. Sa quante volte passavo davanti al Why Not ( discoteca degli Anni Ottanta a Monteprandone nota in tutta Italia ndr) ma alla fine ci sono andato solo un paio di volte».
Vuole farci credere che sia un ragazzo tutto casa e campo da calcio.
«Sì anche se mi rendo conto che non ci crede nessuno».
Magari è un po’ arrabbiato perché anche lei rischia di perdere lo chalet, colpa della Bolkestein
«Sto a Marina di Altidona da 8 anni e anche se il mare è la mia passione tutto mi tocca fare meno che godermi la spiaggia. La burocrazia ci ammazza. Il mare poi ha bisogno di rispetto»,
Lo dice lei che è un cacciatore pentito?
«Magari qualcuno non sarà d’accordo, ma i cacciatori hanno più rispetto dell’ambiente di tanti che non hanno mai fatto una passeggiata nella natura».

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