Le farine delle Marche: ecco quelle che hanno una storia forte e di grande interesse

Le farine delle Marche: ecco quelle che hanno una storia forte e di grande interesse
Le farine delle Marche: ecco quelle che hanno una storia forte e di grande interesse
di Veronique Angeletti
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Sabato 6 Aprile 2024, 05:55 - Ultimo aggiornamento: 11:22

Ci sono tante storie che profumano di grano ma tra le più belle c'è quella della filetta marchigiana a Ferrara. Quando a metà degli anni ’50 una signora di nome Barbara insegnò a un fornaio il pane senza sale. Creò così un primo legame tra le numerose famiglie dei minatori di Cabernardi costrette a trasferirsi a Pontelagoscuro dalla Montecatini dopo la chiusura del polo solfifero di Sassoferrato. Ad abitare nelle casette tutte uguali che ancora oggi chiamano il villaggio dei marchigiani. Fu così che quelli della Città Estense portarono a tavola la filetta e i marchigiani impararono ad apprezzare la “copia” ferrarese.

L’acqua del Catria

Un’altra storia felicemente contemporanea è quella del pane di Cantiano dei fratelli Rita e Fernando Romitelli del Forno K2 di Chiaserna. Una ricetta di famiglia nata nel ’56 che deve il suo successo all’acqua del Monte Catria, al lievito madre e ad un procedimento che veste il pane di cotone e di lana. Le file messe in ordine su tavole di legno sono accuratamente avvolte prima da lenzuoli e poi da coperte ed infine cotte con la brace ricavata solo dalla legna tagliata in quota sul monte Tenetra. Dal 2019, una volta a settimana, questo pane è il punto di arrivo di un progetto di filiera corta.

La farina proviene dal grano prodotto dagli agricoltori del comprensorio ed è macinata, con la complicità tecnica del Molino Mariani di Senigallia, in un mulino finanziato dal Comune. Perché, se è vero che il pane profuma di cereali è in gran parte dovuto alla farina e quindi, è opera sì del fornaio ma anche del mugnaio. Nelle Marche, esistono ancora diverse famiglie che macinano a pietra. «L’unico metodo – spiega Andrea Bravi – per ottenere un prodotto macinato che contenga tutte le parti del chicco e consenta alla farina di conservare tutte le proprietà nutrizionali e organolettiche dei cereali.

Motivo per cui le chiamiamo “integrali all’origine”».

Il mulino più antico

Andrea con i fratelli Ubaldo e Francesco appartiene a una famiglia mugnaia dal 1565 che, a Cingoli, lavora con un mulino alimentato dalle acque del Musone. Sono riusciti a trovare il giusto equilibrio tra natura, saperi e moderne tecnologie e propongono farine di farro di Urbino e di grano tenero e mais dei Monti Sibillini, Azzurri e dei Colli Esini. Ed è il mulino più antico delle Marche visitabile dalla terza settimana di maggio fino alla fine dell’estate tutti i sabati e le domeniche di pomeriggio. Dopo essere stato un dirigente in carriera, Amedeo Castelli ha scelto di ritornare ad Ascoli e di diventare mugnaio. Si è fatto trascinare dal suo Dna e ha ridato una nuova linfa all’Antico Molino Santa Chiara fondato dal nonno Luigi. «Macino con una pietra naturale, un pezzo di montagna che si muove non superando mai i 120-130 giri al minuto e, quindi, non scaldando il cereale non lo depaupera di tutte le sue proprietà. Motivo per cui le mie farine conservano l’odore peculiare del germe di ogni cereale».

Le sostanze nutritive

Il germe di grano, l’embrione, ovvero la parte fondamentale del seme, da cui nasce e cresce la pianta. Un concentrato di sostanze nutritive come vitamine del gruppo B e del gruppo E, aminoacidi, sali minerali, proteine e grassi “buoni”. La farina, un altro alimento di cui vale la pena leggere l’etichetta per cogliere quel Made in Marche che fa la differenza.

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