Fermo, un fratello ucciso dal virus, l'altro aggredito da un medico, ma Ada ce l'ha fatta: «Ho sconfitto il Covid»

Fermo, un fratello ucciso dal virus, l'altro aggredito da un medico, ma Ada ce l'ha fatta: «Ho sconfitto il Covid»
Fermo, un fratello ucciso dal virus, l'altro aggredito da un medico, ma Ada ce l'ha fatta: «Ho sconfitto il Covid»
di Paolo Gaudenzi
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Giovedì 21 Maggio 2020, 10:21

MONTEGRANARO - Nata nel Salento, residente per lungo tempo a Roma ma da anni a Montegranaro. Ada Bellotoma, 75 anni, ha battuto il Covid-19.

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Signora Bellotoma, per lei il Coronavirus ha avuto un epilogo felice, purtroppo non è stato così per un suo congiunto.

«Il mese alle spalle è stato davvero terribile. Mentre lottavo contro il Coronavirus mio fratello Antonio, di 88 anni, anche a causa di complicanze derivanti dal virus, si spegneva ad Albenga, in Liguria. Nello stesso tempo, in provincia di Lecce, precisamente a Calimera, un altro mio fratello, Foca, veniva aggredito dal medico di base per un caso di cronaca presto rimbalzato in tutti i media nazionali. Al momento si sta riprendendo da lividi e contusioni, il dottore è agli arresti domiciliari».
 
Tornando al suo caso: i primi sintomi e la corsa al Murri, poi?
«Dapprima ho avvertito i brividi alla schiena, con la febbre da 38,5 gradi andata avanti per qualche giorno. Poi sono arrivate le difficoltà respiratorie e la disidratazione. Problemi confermati dalla visita domiciliare del medico, che mi ha subito consigliato il consulto ospedaliero. Lì, gli amari verdetti: tampone positivo e lastra a confermare la famigerata polmonite interstiziale. Considerata la massiccia presenza di utenza, e le mie condizioni tutto sommato moderate, sono stata rimandata a casa».
Ha quindi sconfitto il Coronavirus tra le mura domestiche. Come ha trascorso la quarantena?
«Tra i primi sintomi, il giorno e mezzo di transito in ospedale e la lunga fase domiciliare sono stati circa 40 giorni di incertezze e, per come affermato, inaspriti dalle pessime notizie che arrivavano tra nord e sud Italia».
Lei cosa ha fatto?
«Ho seguito scrupolosamente tutte le indicazioni fornite dai sanitari, con mio figlio che ha rappresentato una solida e costante spalla d’ausilio. E’ stato davvero un brutto periodo, con scorie nello spirito che ancora oggi faccio fatica a smaltire».
Quando ha capito di essere sulla strada giusta per la definitiva guarigione clinica?
«Grazie alle flebo e agli antibiotici, subito somministrati, ho trovato rapidamente giovamento. I dati su febbre, tosse e valori di saturazione sanguigna venivano mandati agli sportelli dell’Asur per un report che, giorno dopo giorno, certificava progressivi miglioramenti. Al termine di tutto, ecco i due tamponi di prassi, risultati entrambi negativi. Un grazie per la puntale assistenza va senza dubbio al dottor Umberto Tosoni».
Ha dunque vissuto una pagina, triste quanto unica nella vita di tutti noi, in uno scorcio della Penisola per lei recente e lontano da tanti cari sfortunati. Che opinione si è fatta del Fermano e, viste le circostanze, della sua sanità?
«E’ una terra di gente accogliente che morfologicamente ha tutto: colline, campagne e mare.

Sono giunta a Montegranaro un paio di anni dopo il matrimonio di mio figlio, legato a una veregrense. All’ospedale di Fermo ho trovato professionisti impeccabili, che si sono prodigati per il bene di tutti noi nonostante il numeroso flusso di malati giunti in spazi e tempi davvero compressi».

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