Cina, è caos Covid: farmacie saccheggiate. E nasce la psicosi delle pesche sciroppate

Cina, è caos Covid: farmaci esauriti anche in Australia e corsa alle pesche sciroppate
Cina, è caos Covid: farmaci esauriti anche in Australia e corsa alle pesche sciroppate
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Giovedì 22 Dicembre 2022, 12:37

«Caos a livello nazionale». Così gli analisti del colosso finanziario giapponese Nomura hanno definito l'attuale situazione cinese. Prima le proteste di piazza per la tolleranza zero sulle norme anti-Covid e per i lockdown esageratamente rigidi e prolungati. E, poi, dopo che il 7 dicembre le autorità hanno allentato le tanto contestate regole, il panico diffuso per le ondate di contagio che sono risalite vertiginosamente. Il riflesso è che dalle scene rimbalzate sui media di tutto il mondo con gli scontri tra manifestanti e polizia, si è passati – o meglio, tornati – a delle immagini che sono state tristemente familiari negli ultimi due anni: code davanti alla farmacie e viavai di pazienti dagli ospedali.

Il caos in farmacia

Il risultato diretto di questa nuova ondata di panico da Coronavirus è che le farmacie di tutto il Paese faticano a venire incontro alle esigenze dei cittadini che debbano curare anche un banale raffreddore. Sì, perché la paura del Covid ha portato la gente a gettarsi tra gli scaffali dei negozi di farmaci, “saccheggiando” il saccheggiabile. Antipiretici e antidolorifici sono letteralmente andati a ruba, al punto che i governatori di alcuni distretti hanno dovuto imporre ai medici delle regole più rigide per la somministrazione dei farmaci in questione. Della serie: cautela sì, ma guai a sfociare nella psicosi. Ma la situazione è ormai talmente fuori controllo che non sono solo le medicine a essere sparite. Da qualche giorno, ad esempio, si è diffusa la convinzione che le pesche sciroppate in scatola, in molte parti del Paese considerate una prelibatezza particolarmente nutriente, possano avere un ruolo importante nel contrasto delle infezioni. E così anche le pesche sono sparite non solo dagli scaffali dei supermercati, ma persino da molti store online. Al punto che la Dalian Leasun Food, uno dei maggiori produttori cinesi di cibo in scatola, ha dovuto diffondere una nota ufficiale per spiegare alla popolazione che le pesche non hanno alcun ruolo nella prevenzione e nel contrasto al Covid e che non c'è dunque bisogno di questa corsa all'acquisto.

Ma la situazione – ormai è chiaro – è fuori controllo. Le carenze interne di medicinali hanno infatti spinto molti cinesi a chiedere una mano ai parenti che risiedono nelle zone di confine. E così il risultato diretto è che antipiretici e antidolorifici risultano esauriti anche nella stragrande maggioranza delle farmacie di Hong Kong, Macao e Taiwan. L'allarme si è esteso addirittura fino all'Australia, dove la comunità di cinesi residenti è particolarmente numerosa: anche dall'Oceania, come riferisce Abc News, è partito il “traffico” postale di farmaci contro influenza e raffreddore alla volta della Cina.

Pechino sotto accusa

Quel che è certo è che la Cina è alle prese con la peggiore ondata dall'inizio della pandemia. «Il grande dubbio è se l'attuale riapertura fosse davvero pianificata – hanno commentato gli analisti di Capital Economics, gruppo londinese specializzato in ricerche economico-finanziarie – Sembra che il governo centrale non avesse previsto il cambiameto in arrivo». In sostanza è come se Pechino avesse di colpo allentato le misure restrittive sotto le pressioni della piazza senza avere di fatto un piano per gestire quella che da noi è stata la Fase 2.

Il risultato, appena due settimane dopo la fatidica data del 7 dicembre, è che si è registrato un incremento della domanda per i servizi mortuari – anche se a livello “ufficiale” i decessi segnalati siano ancora relativamente pochi – e che sono ricomparse le file negli ospedali, con tanto di strutture congestionate. Una situazione che difficilmente potrà essere risolta con l'invio di farmaci dall'estero o con la corsa alle pesche gialle.

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