Fermo, l'Area Vasta chiede misure mirate, Livini: «Italia e regione divise in due, aperture differenziate»

Fermo, l'Area Vasta chiede misure mirate, Livini: «Italia e regione divise in due, aperture differenziate»
Fermo, l'Area Vasta chiede misure mirate, Livini: «Italia e regione divise in due, aperture differenziate»
di Nicola Baldi
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Martedì 28 Aprile 2020, 10:35

FERMO - Fermano terra di confine. Tra una pandemia che, nel nord Italia, ha fatto migliaia di morti e un sud dove il Coronavirus non è mai davvero esploso. Ma anche dentro la nostra regione, con la parte alta che ancora stenta a contenere i contagi e quella bassa dove, di fatto e per fortuna, i numeri sono più confortanti. Perché? Il direttore dell’Area vasta 4 ha una sua teoria.

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«Se l’Italia è divisa in due – spiega Licio Livini –, significa che alla diffusione del virus contribuiscono anche aspetti di livello ambientale, genetico e di stili di vita. E siccome siamo tanto diversi, anche le ripartenze avrebbero potuto essere diverse. Fosse dipeso da me, avrei aspettato un altro mese prima di spingere. Avrei riaperto per settori, in maniera più marcata, e per regioni. I primi settori di cui preoccuparsi sono quelli legati all’economia del Paese. Il resto, francamente, può aspettare».
 
Il tema è ovviamente quello delle riaperture, la famosa “fase 2”, ormai imminente. Soprattutto per lo sport, che dal 18 maggio potrà tornare ad allenarsi in squadra, Livini avrebbe temporeggiato ancora un po’. Se così non è stato, «significa che è un settore talmente forte e incisivo che si può passare sopra a tutto per farlo tornare come prima», il Livini-pensiero, che concorda invece sulle scuole chiuse fino a settembre e che per le vacanze al mare prevede «distanziamenti, mascherine, panini sotto l’ombrellone e bagni separati». Si teme una recrudescenza del virus. Proprio adesso che i numeri, almeno da noi, fanno ben sperare. Merito dei tamponi, sostiene Livini, che restano «la metodica più certa». Finora, nel Fermano, ne sono stati fatti circa cinquemila, 1.300 solo ai sanitari. Il potenziale c’è. Tra laboratorio dell’ospedale e istituto zooprofilattico, se ne potrebbero processare fino a duecento al giorno. Ma poi capita che «troppo spesso» manchino i reagenti e la tabella di marcia si inceppa. Meglio i test sierologici, allora. Quelli fatti con il prelievo di sangue, «gli unici al momento validati dalla Regione». Servono per sapere se si sono sviluppati gli anticorpi al virus. «Potranno diventare test di massa, lasciando i tamponi come test discriminanti, per validare la positività», fa sapere Livini che si dice favorevole pure a quelli rapidi, quando saranno validati. Per gli altri, l’Area vasta 4 ha comprato un macchinario e ne ha ordinato un secondo. I test li fanno anche quattro laboratori privati convenzionati (nessuno nel Fermano), «a disposizione di tutto il territorio regionale». A loro, gli esami vengono commissionati dalle Aree vaste. Per ora, l’Av4 farà senza. «Vogliamo prima capire le nostre forze», dice Livini. I test sierologici per ora si effettuano sul personale sanitario pubblico e privato convenzionato, sui medici di medicina generale, i pediatri e gli specialisti. Per i privati ancora niente, anche se le richieste degli imprenditori fioccano. Sanno che, con le aziende pronte a riaprire, possono fare la differenza e sono disposti a metterci i soldi di tasca loro. Ma, almeno per adesso, niente da fare.

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