Quelle imprese morte in culla servono a far emergere talenti

Quelle imprese morte in culla servono a far emergere talenti

di Donato Iacobucci
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 31 Gennaio 2024, 03:35

Nell’edizione di lunedì scorso di questo giornale Lorenzo Sconocchini ha commentato i dati relativi alle iscrizioni e cessazioni d’impresa nelle Marche. L’attivazione di nuove imprese è uno dei principali indicatori della vivacità imprenditoriale di un territorio. Nel 2023 il saldo fra iscrizioni e cessazioni è stato leggermente negativo ma più contenuto di quello osservato nel 2022. I saldi fra iscrizioni e cessazioni sono positivi o negativi a seconda dell’andamento congiunturale, ma di lieve entità rispetto al flusso delle iscrizioni e delle cessazioni che sono di anno in anno all’incirca della stessa entità. Se raddoppiassero le iscrizioni raddoppierebbero anche le cessazioni.

Negli ultimi anni questi flussi si sono attestati fra le 7.000 e le 8.000 unità mentre negli anni precedenti erano intorno a 10.000. Il tasso di natalità, cioè il rapporto fra nuove imprese e imprese attive varia a seconda dei settori fra il 5% e il 10%. Della stessa entità è il tasso di mortalità, cioè il rapporto fra cessazioni e imprese attive. Questo implica che nel giro di quindici anni vi sarebbe un totale ricambio delle imprese presenti in un settore. In realtà non è così poiché le nuove imprese sono caratterizzate da un’elevata mortalità infantile: a distanza di cinque anni ne sopravvive meno della metà.

I settori dell’economia sono caratterizzati da un nucleo relativamente stabile di imprese, quelle di maggiore dimensione, e da un turnover (cioè un ricambio) molto elevato delle imprese di più piccola dimensione. Questo ricambio è alimentato dalle nuove imprese che entrano con una dimensione più piccola rispetto a quella media, non sufficiente ad assicurare un buon grado di capacità competitiva. La gran parte delle nuove entrate non riesce ad aumentare la dimensione e per questa ragione rimane fragile e con un’elevata probabilità di uscire dal mercato. L’entrata a dimensioni efficienti è possibile solo a chi è già sul mercato da tempo e dispone di capitali e capacità manageriali.

La gran parte dei nuovi imprenditori o delle nuove imprenditrici non dispone di tali risorse e avvia l’impresa alle dimensioni compatibili con le proprie capacità finanziarie e manageriali.

A prima vista sembra un comportamento poco razionale; si avvia un’impresa sapendo di partire con una dimensione non efficiente e con un’elevata probabilità di uscire dal mercato in poco tempo. In realtà questa scelta è meno irrazionale di quanto sembra. Una persona alla prima esperienza non è in grado di valutare ex-ante le sue effettive capacità e le opportunità presenti sul mercato.

L’unico modo di farlo è provarci, con una strategia che è stata definita del “try and see”, cioè provare e vedere cosa succede. E’ l’unico modo per capire se si hanno le capacità e le chance per rendere concreta e duratura la propria propensione imprenditoriale. Proprio perché è un tentativo con un’elevata probabilità di fallimento si cerca di limitarne i danni evitando di fare grandi investimenti. Ciò contribuisce a spiegare la ridotta dimensione di partenza che a sua volta determina l’elevata mortalità infantile. Si tratta di un comportamento razionale dal punto di vista soggettivo e che ha considerevoli vantaggi per l’intera economia. Un flusso elevato di nuove entrate è fondamentale per assicurare pressione concorrenziale verso le imprese presenti sul mercato e per introdurre innovazioni.

E anche l’unico modo per far emergere nuovi talenti imprenditoriali; saranno pochi rispetto al totale delle entrate ma l’unico modo di scoprirli è nel provarci. Più persone avranno voglia di rischiare più aumenta la probabilità che qualcuno riesca. Il dato che ci deve preoccupare non è tanto il saldo negativo fra iscrizioni e cessazioni quanto il lento declino della propensione ad avviare nuove imprese.

Nelle Marche le iscrizioni (e le cessazioni) erano intorno alle 12.000 annue agli inizi di questo secolo. Sono scese sotto le 10.000 dopo la crisi del 2008-2009 e si sono ulteriormente ridotte negli ultimi anni. Ben vengano, quindi, le tante iniziative messe in atto da università, associazioni di categoria, Regione Marche e comuni per stimolare la propensione imprenditoriale e sostenere l’avvio di nuove imprese.

* Docente di Economia  all’Università Politecnica  delle Marche e coordinatore  della Fondazione Merloni

© RIPRODUZIONE RISERVATA