Imprese, la formazione digitale conta almeno quanto il credito

Imprese, la formazione digitale
conta almeno quanto il credito

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 6 Marzo 2024, 06:30 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 20:28

Negli ultimi giorni si è accesa su questo giornale una discussione sul credito e in particolare sul ruolo delle banche locali per l’accesso al credito delle piccole imprese. Va subito detto che le piccole imprese sono un aggregato molto eterogeneo e variegato. La maggioranza è costituita da imprese con uno o pochi addetti che svolge attività commerciali e di servizi in ambito locale; le necessità di investimento variano a seconda dell’attività ma in molti casi sono minime e limitate al capitale circolante. Vi sono, però, anche piccole imprese manifatturiere inserite in catene del valore internazionali che operano con tecnologie avanzate e che hanno esigenze di investimento rilevanti rispetto alla loro dimensione. Vi sono start-up innovative che investono in innovazione e ricerca e che per questo hanno esigenze finanziarie ancor più rilevanti e complesse. Per tutte le imprese la questione non è se sia preferibile avere vicino la filiale di una banca di piccola o grande, ma avere la possibilità di accedere ad un ventaglio di opportunità adatto alle proprie esigenze. Da questo punto di vista, l’informazione e la formazione degli imprenditori sui temi della finanza d’impresa è decisamente più importante della distanza e della tipologia degli sportelli bancari. Un plauso alle iniziative di formazione e informazione che sono state richiamate nelle interviste a questo giornale da Gilberto Gasparoni (Confartigianato) e da Augusto Bocchini (Confindustria). In questo ambito il ruolo delle associazioni di categoria è fondamentale. L’Italia è un paese con un bassissimo livello di cultura finanziaria della popolazione (e degli imprenditori). Negli articoli citati è di frequente menzionato il business plan come strumento di comunicazione fra finanziatori e imprese. Ma quante sono le piccole imprese che si servono di un simile strumento di pianificazione e controllo? Quante sono quelle che si avvalgono di strumenti digitali per il controllo dei flussi finanziari, oltre che dell’attività aziendale in senso lato? L’ultima indagine Istat sulla diffusione delle tecnologie digitali ha evidenziato un ritardo drammatico nei livelli di digitalizzazione delle piccole imprese.

Avere un direttore di banca a pochi chilometri aiuta poco mentre aiuterebbe molto avere sistemi di controllo e di comunicazione che consentono di raggiungere e dialogare in modo efficace con un ventaglio di interlocutori, anche distanti. Questo dibattito su credito e banche locali suona come una specie di ritorno al passato; ad un modo di pensare i sistemi locali e la cultura imprenditoriale che non esiste più e di cui faremo bene a liberarci il prima possibile. Al pari di quanto avviene per altri prodotti e servizi, anche quelli finanziari sono (e lo saranno sempre più) acquistati digitando o parlando con uno smartphone. La concessione del credito sarà affidata ad algoritmi di intelligenza artificiale che sono in grado di prendere decisioni di allocazione decisamente più efficaci (e più efficienti) non solo per le banche eroganti ma anche per i richiedenti il credito. La chiacchierata con il direttore di filiale si renderà necessaria quando vi sarà da affrontare questioni complesse e particolari, ma a quel punto da imprenditore preferirei fare qualche chilometro in più e interloquire con una persona preparata e competente piuttosto che risparmiare qualche minuto di auto. Le nostre start-up vanno anche all’estero quando si tratta di cercare investitori disposti a sostenere le loro idee poiché l’importante è trovare il partner adatto e non quello più vicino. Il riferimento alle start-up mi consente di sottolineare un altro aspetto per cui questo dibattito sul credito suona di ritorno al passato. Il sistema finanziario italiano è un sistema banco-centrico poiché i nostri imprenditori sono culturalmente avversi all’apertura della proprietà e della governance. Anche su questo fronte occorre cambiare e cambiare rapidamente. Lo stanno facendo le nuove generazioni di imprenditori ma farebbero bene a farlo anche le imprese già consolidate. In sintesi, il dibattito facciamolo sulla finanza d’impresa di cui il credito è solo uno degli strumenti, auspicabilmente sempre meno rilevante.

*Docente di Economia  all’Università Politecnica  delle Marche e coordinatore  della Fondazione Merloni

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