ASCOLI - Il vino fa litigare Piceno e Abruzzo. Pomo della discordia è il Montepulciano e l’utilizzo del termine sull’etichettatura. Qualche settimana fa, nel decreto ministeriale, ancora in attesa di approvazione, un nuovo comma cosiddetto “salva Montepulciano d’Abruzzo” vieta di fatto l’uso del nome di un vitigno laddove le uve sono prodotte nello stesso areale in cui una Doc o Docg porta il nome del medesimo vitigno. C’è stata una grande sollevazione da parte del settore e tutto è stato rimandato al prossimo autunno, quando si riunirà la Conferenza Stato Regioni.
Dall’altra parte del Tronto si rivendica l’esclusiva del nome del vitigno.
La stoccata
E poi la stoccata finale. «Il nome di un vitigno non può essere considerato proprietà privata da alcuno, né tantomeno da un Consorzio di tutela - tuona Savini -. Giova ricordare che anche questo Consorzio avrebbe auspicato limitare l’utilizzo di Passerina e Pecorino, vitigni autoctoni originari anche del Piceno, dovendo poi accettare l’uso generale su denominazioni di altri areali. Il Consorzio di tutela vini piceni ritiene che l’utilizzo del termine “Montepulciano” in etichetta andrebbe solo a rendere più completa la descrizione delle nostre denominazioni coinvolte, Offida Rosso docg e Rosso Piceno dop, le cui immagini sono note per caratteristiche e peculiarità proprie, legate al territorio di origine, da cui proviene oltre il 50% della produzione vitivinicola regionale complessiva, grazie anche alla sapienza ed alla capacità imprenditoriale dei nostri produttori».