PESARO È nato ad Akron, città dell’Ohio di 200mila abitanti, famosa per aver dato i natali a LeBron James. «Sono nato nello stesso ospedale», dice fiero. Classico nome americano, il cognome invece tradisce chiare origini europee. «Mi chiamo de Vries perché mio padre è olandese - racconta il buon Jack nell’intervista esclusiva concessa al Corriere Adriatico -. Arrivò negli Usa a 20 anni, per fare l’università, giocando un paio d’anni in Mls, che non era certo come oggi e quindi dovette trovare un lavoro canonico». Il lavoro in questione di de Vries senior è il bancario. «Bancario internazionale - continua il figlio - così per 7 anni, dai 3 ai 10 anni, ci siamo trasferiti in Belgio, vicino Bruxelles, laddove è iniziato il mio amore per il calcio».
Vissino a stelle e strisce
Jack de Vries, 21enne statunitense della Vis, dopo aver vissuto tre anni nel vivaio Anderlecht, è tornato in patria. «Ci siamo trasferiti in Virginia e poi a Philadelphia, dove ho mosso i primi passi nel calcio dei grandi con la maglia degli Union, con cui ho firmato il primo contratto professionistico.
L’attacco
Specificazione: «Non dobbiamo guardare ai quattro gol subiti, piuttosto concentrarci su quelli che non abbiamo segnato. Il che, per un attaccante come me, è una cosa che dispiace molto. Dobbiamo fare il nostro lavoro al meglio in avanti, perché tutto parte da lì. Continuando a creare chance, comunque, prima o poi la palla entrerà con una certa regolarità».
The next game
Jack de Vries e compagni proveranno a rifarsi lunedì prossimo, nel difficile impegno casalingo con la Torres. «Se la stiamo preparando in modo particolare? Beh, ancora manca qualche giorno, e non siamo entrati nei dettagli fino in fondo. Penso che non dobbiamo cambiare il nostro gioco, nemmeno contro la prima della classe. Soprattutto in un campionato come questo dove chiunque può battere chiunque. Non dobbiamo, insomma, scendere in campo pensando alla classifica dell’avversario. Le vibrazioni, comunque, sono positive, nonostante l’ultimo risultato non sia stato quello auspicato». Una cosa ha colpito l’attaccante statunitense della Vis della sua esperienza italiana: «Mai visto un Paese che prende il calcio così seriamente come il vostro. Anche in terza divisione c’è veramente tanta gente che si dedica quotidianamente al club. I nostri tifosi sono splendidi, e non stiamo parlando di una squadra di Serie A. Troppo stress? Lo stress fa parte della competizione. Fare il calciatore è un lavoro molto serio, che non dura per sempre, quindi stress e tensione vanno accettati perché chi fa il professionista come me deve considerarsi fortunato».
I love Vis
La vita pesarese piace molto al talento statunitense. Così come la squadra: «La lingua è una barriera, perché non molte persone parlano un buon inglese, quindi sta a me imparare velocemente l’italiano. Nonostante questo sono contentissimo del modo in cui tutti mi hanno accolto. Più che una squadra, siamo una famiglia. Una cosa fondamentale quando devi affrontare una stagione lunga e difficile, con momenti belli e brutti. Mentalità positiva e voglia di combattere insieme per l’obiettivo rende tutto più semplice».
Non solo soccer
Jack de Vries, da concittadino di LeBron, adora guardare il basket. Nel tempo libero gioca però a golf, «uno sport rilassante, che non consuma troppe energie, e che quindi si concilia bene col calcio. Il mio nuovo passatempo però è la cucina: sembrerà strano, ma vivendo da solo ho iniziato ad apprezzare il cucinare».
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