La foresta nel clavicembalo, la tela del pittore Umberto Mancinelli: «Mai a olio e non mi piace dipingere figure umane»

La foresta nel clavicembalo, la tela del pittore Umberto Mancinelli: «Mai a olio e non mi piace dipingere figure umane»
La foresta nel clavicembalo, la tela del pittore Umberto Mancinelli: «Mai a olio e non mi piace dipingere figure umane»
di Lucilla Niccolini
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Martedì 4 Aprile 2023, 06:45 - Ultimo aggiornamento: 18:06

La natura che circonda la casa di Umberto Mancinelli, tra Sappanico e Montesicuro, non assomiglia ai paesaggi romantici che solitamente dipinge: quanto questi sono pervasi di nordica nostalgia per il sole, tanto la vegetazione che assedia il suo giardino è mediterranea e vivida.


L’ispirazione e la tecnica


Però il pittore anconetano trae ispirazione proprio da queste querce e dalle acacie, per le mille sfumature di verde che abitano le sue tele. «Mai a olio», sottolinea Mancinelli, fiero di dipingere con tinte lavabili, che nel tempo conservano stabilità e lucentezza. Al punto che certe forre appenniniche, circondate da lussureggianti foreste, illuminate dall’acqua che riflette gli ultimi bagliori di cieli serotini, sembrano dipinte solo ieri. «Sono anni che mi dedico a questi paesaggi, che compaiono nella mia mente, evocati dalla memoria e costruiti dalla fantasia». Sulle rive dei ruscelli, che pare di sentir mormorare tra l’erba, potrebbero posare i piedi nudi ninfe dell’antica mitologia.

«Ma non mi piace dipingere figure umane. L’unico segno della mia presenza lì, più virtuale che reale, sono due brevi tronchetti conficcati a terra». Immancabili, sono la sua “firma”. Li ha dipinti anche nella foresta che ha realizzato su tela, per decorare il coperchio sagomato del prezioso clavicembalo di un prof della Politecnica, musicista per diletto, che ne va orgoglioso. Uno strumento d’antan, ricordo di concertini da salotto, tra dame affascinate, non poteva che ricevere questa sorta di tributo da un pittore che, pur non disdegnando di cimentarsi in composizioni astratte, predilige lo stile e i temi che furono in voga tra Sei e Settecento.


Il maestro Peruzzini


Ne fu maestro un altro pittore anconetano d’origine, Antonio Francesco Peruzzini, cui anni fa il professor Pietro Zampetti, quand’era assessore alla Cultura della Dorica, dedicò una grande mostra alla Mole Vanvitelliana.

Segnò, allora, la riscoperta dell’artista, oscurato da Alessandro Magnasco, che in realtà si limitava ad aggiungere piccole figure umane ai paesaggi peruzzineschi. «Ma io, di questi qui, non ho mai visto neanche un’opera», chiarisce Mancinelli, che si professa autodidatta.

«A Bologna, dopo le scuole, mai finite, per mia insofferenza, cominciai come grafico pubblicitario. Tante campagne promozionali alla Buton, per la Vecchia Romagna etichetta nera. E quando sono tornato ad Ancona, ho impiegato la mia fantasia negli arredamenti, per creare interni confortevoli», che devono aver fatto provare a tanti clienti l’emozione di trovarsi, nel calore di casa, a contatto con la natura. Oggi, Mancinelli dedica il suo tempo, quando lascia la villetta immersa nel verde, a rappresentare Ancona, monumenti di pietra, come la Cattedrale, l’altare civile del Passetto, Santa Maria della Piazza.

«La mattina, alle prime luci dell’alba, mi siedo all’aperto e ritraggo la bellezza di questa città. Poi, ne faccio copie e coloro ad acquarello i disegni a china, con tinte che dal chiarore dell’aurora passano ai grigi della tempesta, al rosa aranciato di un tramonto sereno». E non manca mai, da una parte, un albero frondoso. È sempre stupefacente, la maestria con cui crea i riflessi del sole e dell’ombra sul fogliame, l’accavallarsi etereo delle nuvole sullo sfondo.

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