Piero Cesanelli
e lo spartito della storia

Piero Cesanelli e lo spartito della storia
4 Minuti di Lettura
Venerdì 28 Marzo 2014, 11:52 - Ultimo aggiornamento: 31 Marzo, 19:27
MACERATA - Dopo anni di direzione artistica, di ideazione e conduzione di proposte teatrali Piero Cesanelli si mette in gioco in prima persona e presenta l’ultimo suo lavoro: “Una storia di canzoni” che lo vede autore e protagonista sul palco insieme a cinque fantastici musicisti: Andrea Casta (chitarre e armonica), Marco Tentelli (keibord e pianoforte), Riccardo Andrenacci (batteria), Francesco Tesei (contrabbasso), Tony Felicioli (Sax e flauto) Piero Piccioni (voce narrante). “Una storia di canzoni”, come recita il sottotitolo, è un remake musicale di una vita vissuta. Racconti, suggestioni, fotogrammi di situazioni personali filtrate attraverso quindici canzoni, alcune delle quali scritte dallo stesso Cesanelli. È soprattutto la canzone che diventa assoluta protagonista di una vita e ogni fatto accaduto è legato necessariamente a lei. Dagli affascinanti motivi del primo '900 all’avvento del jazz e della musica americana si potranno rivivere atmosfere create da emozionanti pagine della canzone popolare e d’autore. Una storia, firmata Piero Cesanelli, che domani (sabato 29), dalle 21, verrà raccontata sul palcoscenico del Teatro Nicola degli Angeli di Montelupone.



Cesanelli come mai dopo più di 26 anni dalla pubblicazione dei suoi tre Lp le è ritornata la voglia di salire su un palcoscenico?

Una voglia, una necessità, un’esigenza che sono arrivate in modo molto graduale. Anche nei dieci spettacoli che ho realizzato con la Compagnia avevo provato piacere a interpretare due o tre brani, così quando ho verificato che il mio piacere era condiviso anche dal pubblico ho pensato che poteva risultare curioso raccontare pagine della propria vita attraverso il racconto e la canzone. E così mi sono messo in gioco.



Quanto c’è di Piero Cesanelli in questo nuovo lavoro, ovvero quanto è filtrato dalle esigenze dello spettacolo teatrale e quanto realmente è palpabile.

Ma, quando io uso la frase “mettersi in gioco” c’è già implicitamente una scelta nel cercare di raccontarsi nel modo più vero possibile. È chiaro e sarebbe veramente velleitario pensare che il racconto di ciascuno di noi possa risultare così affascinante all’ascolto di tutti. Ecco perché scendono in campo come protagoniste assolute le canzoni, la musica, gli strumenti i musicisti e tutto quello che contribuisce a trasformare una serie di aneddoti in uno spettacolo.



Ho notato che lei è legato non soltanto alle canzoni della sua generazione, ma anche a quelle di altre età?

La passione e soprattutto il riuscire a emozionarmi per canzoni di repertori diversi da quelli da me frequentati è una caratteristica che ho sempre avuto. Una passione che mi è stata trasmessa da mio nonno, esperto musicista, e da mia zia che aveva la radio sempre sintonizzata su musiche d’altri tempi. Poi nel corso della mia vita proprio per il lavoro che ho svolto e per le frequentazioni che ho avuto non potevo non entusiasmarmi alla musica di buona qualità. Non a caso si è sempre sentito dire che non esiste una distinzione tra musica alta e musica bassa, tra la canzone che funziona e quella che non funziona, ma semplicemente tra una proposta bella e una brutta, indipendentemente a quale genere essa appartenga.



Come è nata l’esigenza di affiancare alla parte musicale anche una recitata?

Ognuno di noi ha dei momenti, dei fotogrammi sia belli che brutti, che hanno caratterizzato la propria esistenza, e questi squarci sono stati sempre sottolineati da una canzone o ascoltata o a volte scritta di proprio pugno. Trovando poi in Piero Piccioni, guarda caso si chiama come me, l’artista che riesce a raccontare questi momenti in modo suggestivo ho ripreso dei miei vecchi appunti e glielo traferiti. Mi è sembrato subito che la cosa fosse interessante.



Da un punto di vista musicale la formazione che scende in campo in “Una storia di canzoni” mi sembra che proponga almeno dalla composizione dei musicisti delle sonorità molto acustiche con influenze jazzistiche?

Esattamente. Sia per l’elaborazione di brani anni 30- 40 come “Non dimenticar le mie parole” o “Vecchia America” che per la cosiddetta canzone d’autore, quella scritta da me e quella di altri artisti non poteva esserci una situazione diversa da quella che proponiamo. Le atmosfere un po’ notturne sia del night sia della strada vengono rivestite in modo molto suadente dagli strumenti ad ancia usati con grande gusto e professionalità da Tony Felicioli dai fruscii sapientemente creati da Riccardo Andrenacci e da Francesco Tesei, batteria - contrabbasso. Per le armonizzazioni due felici conoscenze con Marco Tentelli al piano e Andrea Casta alle chitarre e armonica. Il tutto mi sembra che riesca a far accomodare lo spettatore in un confortevole salotto a luci basse.



Con quale criterio sono state scelte le sue composizioni. Lei ha pubblicato in passato tre long play e scritto oltre a brani mai registrati anche canzoni per altri artisti. Come è avvenuta la scelta?

Non che il numero faccia la qualità comunque io ho scritto più di duecento brani e ho scelto quelle canzoni che si inserivano in modo più appropriato alla storia che volevo raccontare. Ho anche tenuto presente la compatibilità sia a livello di suoni sia di arrangiamento con gli altri brani. Non nascondo che ha prevalso anche il desiderio di veder realizzate canzoni che ho sempre amato e che magari non avevo mai realizzato come avrei voluto. Ci siamo divertiti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA