Perché Mozart-Da Ponte insieme a Milo Manara, un mitico disegnatore dal tratto raffinato, che ha creato un mondo onirico popolato di ragazze bellissime, eteree e affascinanti?
«Quando ho pensato di coinvolgere Milo Manara, mi è sembrato naturale proporgli “Così fan tutte”. Un’opera di relazioni amorose con vari piani di lettura. Realizzare scene e costumi per la lirica, mai affrontata da Manara, è stato un fattore che ha permesso questa sinergia diciamo vincente. Ovvio che gli abbiamo chiesto di non snaturarsi, di fare il “Milo Manara”, riconoscibile a prima vista, coi suoi personaggi magici, sinuosi e straordinariamente coinvolgenti. Qui stappiamo una bottiglia e brindiamo ai responsabili dei nostri laboratori tecnici, perché si sa che la problematica più pesante da affrontare era tradurre, stampare e realizzare sulle quinte i bozzetti, in modo tale che rendessero al massimo».
Fondamentale il ruolo i Benito Leonori...
«Il nostro Benito Leonori, che è un mago e ce lo teniamo stretto insieme al suo gruppo ormai rodato ha svolto, lo vedrete, un lavoro straordinario. Minuzioso, preciso, direi, al millimetro. L’impianto scenico non è stravolto, anzi, è tradizionale, se vogliamo, così come la regia. Per i personaggi ci servivano cantanti giovani, che rappresentassero a pieno i personaggi di Mozart e Da Ponte. Sono tutti già in carriera, anagraficamente giovani ma per lo più con una esperienza solida alle spalle. Si tratta di un’opera molto equilibrata, che piacerà al pubblico, perché alla fine ci siamo dentro un po’ tutti, c’è la nostra vita, c’è il comico e c’è anche il drammatico.
Come è nata l’idea di “Così fan tutte”?
«L’avevo in mente da tempo e facendo caso anche alle varie programmazioni di teatri nel post covid, ho notato che c’è molto Mozart. Non solo per la bellezza, ma anche per organici sì importanti ma non “impegnativi” come per altri compositori».
Quanti partner per questa operazione avete avuto al vostro fianco?
«Siamo cinque teatri che producono l’opera che, dopo Jesi, andrà a Pisa, Modena, a Metz, in Francia, e a Rovigo. Quando prepari un allestimento insieme a partner di un certo peso, capisci che il lavoro girerà, avrà una sua vita, ci saranno, accanto all’interesse, parecchie altre repliche, che permetteranno di avere una produzione con una sua vita. Investire e noleggiare, per avere anche un solido ritorno d’immagine. Del resto, lavorando ormai da anni con una certa strategia, ci siamo accorti anche dei tanti e vari talenti che trovi nelle Marche, ed il Pergolesi ne ha fatti crescere e formare tantissimi. Poi avremo anche un’opera nuova, in prima esecuzione assoluta, il “De bello gallico” e “La rondine” di Puccini, che è considerata un’opera minore. Questo ci permette, lo abbiamo già visto, di avere un pubblico diverso, che esca dai soliti canoni delle conosciute, seppur meravigliose, cosiddette “opere di repertorio”. Mi sembra una strada da percorrere in tempi come questi».