Ghemon, una cosetta così tra rap e stand up comedy a Cartoceto

«Hanno tantissimi punti in comune e ho ritrovato cose già vissute»

Ghemon, una cosetta così tra rap e stand up comedy a Cartoceto
Ghemon, una cosetta così tra rap e stand up comedy a Cartoceto
di Elisabetta Marsigli
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Giovedì 9 Novembre 2023, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 11:53
Con un personalissimo stile musicale, quella di Ghemon è una carriera sempre in evoluzione: a dimostrarlo lo spettacolo “Una Cosetta Così” in programma domenica 12 novembre, alle ore 18,30, al Teatro del Trionfo in occasione della 46esima edizione di “Cartoceto Dop, il Festival – Mostra Mercato dell’Olio e dell’Oliva di Cartoceto”. Ghemon vuole avvicinarsi allo spettatore in un monologo che aspira alla grandezza del teatro-canzone di gaberiana memoria, unito alla freschezza e alla genuinità di una forma di spettacolo da comedy club, senza filtri né schermi tra sé e gli altri. 


Così diversi, così uguali


In fondo tra il rap e la stand up comedy forse non ci sono così tante differenze, come racconta lui stesso: «Hanno tantissimi punti in comune, ho ritrovato in questa forma espressiva tante cose che avevo già visto e vissuto e ora le posso guardare con un’esperienza diversa. Se da un lato il fine è la rima, dall’altro c’è il fare ridere. Nulla è molto cambiato dagli inizi della mia carriera, quando cercavo di far capire che il rap può anche non essere solo “duro”, ma ne esistono diversi generi. Più che altro vorrei essere me stesso, senza alcuna competizione con i comici, ma semplicemente dire le cose a modo mio». Un percorso che non ha spiazzato più di tanto i suoi fan e forse ne ha trovati di nuovi: «Il complimento più bello che mi hanno fatto, alcuni dei miei fan storici, è che, rispetto al mio inizio, sul palco stanno ritrovando la stessa persona, sia per i temi, il linguaggio, i pensieri e le considerazioni. Dall’altra parte è sempre bello vedere anche nuovi fan: è linfa vitale per me.

Significa che non mi sono chiuso, ma ho trovato un modo per parlare con chi c’era e con chi arriva ora».


L’esempio di Gaber


D’altronde si stanno cercando in Italia gli eredi di Gaber: «lasciamo stare i santi», è pronto a rispondere Ghemon, sorridendo. «Non lo conoscevo moltissimo, ma è stata la mia vocal coach a dirmi che stavo prendendo questa strada. Da lì ho approfondito e per me è stato bellissimo scoprire che forse ci ha unito l’istinto, il coraggio di non conformarsi al presente e di esprimere le proprie idee. In questo senso spero di rendere onore alle porte che lui ha aperto». Canzoni e ironia sono sempre un binomio vincente e ci vuole anche coraggio a prendersi in giro su un palcoscenico: «Sinceramente mi sembrava meno coraggioso continuare a fare quello che stavo facendo, senza lasciare parlare quella parte di me che mi chiedeva di cambiare. Ridere delle proprie disavventure, permette di curare le proprie ferite». Ghemon chiede al pubblico anche di non “spoilerare”, di non fare raccontare nulla dello spettacolo, tra l’altro nuovo ogni sera. Un’impresa titanica? «Mi colpì Silvio Orlando che nel suo monologo diceva che per un’ora e mezza il pubblico avrebbe potuto fare a meno del mondo, ma soprattutto, il mondo avrebbe potuto fare a meno di loro. Certamente in un monologo ciò che accade in platea potrebbe distrarre mentre sei alle prese col filo della memoria, ma io ho adottato un’altra tecnica: ho reso il pubblico complice. Gli chiedo di non rivelare la sorpresa come gli altri hanno fatto con loro e funziona, la complicità aumenta la collaborazione». Sul palco con Ghemon: Giuseppe Seccia alle tastiere e Filippo Cattaneo Ponzoni alla chitarra.

 

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