Frasassi, 50 anni fa la scoperta della Grotta Grande del Vento. Il ricordo dello speleologo che per primo si calò nell'abisso

Gli speleologi del Cai di Ancona che scoprirono il 25 settembre del 1971 la Grotta Grande del Vento grazie a una fessura alta appena 20 centimetri
Gli speleologi del Cai di Ancona che scoprirono il 25 settembre del 1971 la Grotta Grande del Vento grazie a una fessura alta appena 20 centimetri
di Saverio Spadavecchia
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Giovedì 16 Settembre 2021, 09:38

GENGA - Il 25 settembre di cinquanta anni fa il gruppo speleologico del Cai di Ancona fece per la prima volta ingresso nelle Grotte di Frasassi. Oggi, a così tanto tempo di distanza dalla scoperta, Maurizio Bolognini il primo speleologo a poggiare i piedi all’interno di quello che è stato poi chiamato “Abisso Ancona” ricorda quel giorno.

Dice: «Le sensazioni a 50 anni dalla scoperta? Se questa domanda - esordisce - fosse stata fatta 20 o 30 anni fa, la risposta sarebbe stata sempre la stessa e non per mia mancanza di argomentazioni e senza scomodare la memoria, per un evento perpetuato dalle continue esposizioni. In tutti questi anni sono tornato in quei luoghi molte volte, dove, insieme ai miei compagni, ho potuto vivere il rito ancestrale della scoperta, dell’uomo piccolo, nella sacralità del mistero creativo della natura. Ogni volta si rinnova l’incapacità della mia mente di governare e risolvere il senso dell’Infinito che provo di fronte all’espressione di forme, colori, alla bizzarria dell’invenzione. Il regno dei cristalli, nel segreto delle viscere della montagna, mi ha dato il privilegio di crescere e custodire nell’animo il senso profondo della vita di fronte alla grandiosità inafferrabile ma dovendo ammettere e riconoscere il limite della natura, questa volta, umana». 


Prima della grande scoperta, che lo stesso Bolognini definì “bellezza infinita”, anni di esplorazioni e di segreti custoditi dalla montagna svelati anno dopo anno.

Poi nel 1971 la segnalazione di Rolando Silvestri e Umberto di Santo, che scoprirono un piccolo imbocco sul monte Vallemontagnana, la successiva azione del gruppo speleologico di Ancona che iniziò a lavorare per cercare di allargare il pertugio. Prima un varco in una piccola sala, dove erano presenti numerose aperture da cui fuoriuscivano correnti d’aria e poi una strettoia verso una sporgenza che si affacciava nel vuoto. Da quel punto venne lanciato un sasso e l’attesa infinita per sentirne il rumore provenire da grande distanza.

«Ricordo ancora quando lanciammo il sasso dentro quella voragine oscura – queste le parole più volte ripetute dallo speleologo Maurizio Bolognini – cinque interminabili secondi di silenzio, poi il rintocco sulle rocce sottostanti. Capimmo subito che ci trovavamo sopra qualcosa di molto grande». Recuperata l’attrezzatura necessaria la sorte volle che solo in due potessero affrontare la discesa verso l’ignoto: Fabio Sturba e Maurizio Bolognini. I due tirarono a sorte e la dea bendata baciò Bolognini che per primo si calò nell’enorme grotta chiamata poi “Abisso Ancona”. Le luci degli speleologi anconetani misero subito in evidenza l’immensità di quell’ambiente, ancora ignoto e di una vastità mai vista prima. Poi anche i libri per raccontare la scoperta, quello di Sturba intitolato “Abisso Ancona, cronaca di una scoperta” e quello di Bolognini, dove lo speleologo ha definito la grotta grande del vento “meraviglia infinita”. L’Abisso Ancona venne aperto al pubblico il primo settembre 1974 ed entrarono oltre 3.000 turisti.

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