«Nella pala d'altare di Perugino c’è la firma di Raffaello». La scoperta di don Silvano Bracci, direttore della biblioteca diocesana

Oggi la maestosa Madonna in trono con Bambino e Santi di Perugino è esposta nella sala Morganti del palazzo Malatestiano

Don Silvano Bracci: ««Nel polittico di Perugino c’è la firma di Raffaello». Nella foto la lunetta della pala di Durante
Don Silvano Bracci: ««Nel polittico di Perugino c’è la firma di Raffaello». Nella foto la lunetta della pala di Durante
di Lorenzo Furlani
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Martedì 23 Gennaio 2024, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 30 Gennaio, 11:45

Il ricamo dorato della veste si sviluppa per tratti lineari e curvi finché non assume una forma riconoscibile: nella tavola dipinta, con una sorpresa grande quanto l’emozione che l’accompagna, si leggono due lettere, di cui la prima è inconfondibile.
 

Le iniziali di Raffaello nella decorazione della veste di San Giovanni Evangelista



«È una sigla che mi ha fatto sobbalzare – afferma don Silvano Bracci, al quale brillano gli occhi mentre racconta la scoperta fatta nella maestosa pala d'altare Madonna in trono con Bambino e Santi del Perugino -: nella decorazione dell'abito di San Giovanni Evangelista, nella lunetta, c'è la sigla RU (la seconda lettera in forma latina di V, ndr), la chiara firma di Raffaello, ovvero Raphael Urbinas».

Raphael Urbinas

La firma estesa del divin pittore, dipinta nel bracciale della Fornarina, veniva da questi abbreviata, come documentato dalla critica, nei monogrammi variamente tracciati RV o RA (la seconda lettera incastonata nella greca dell'abito potrebbe richiamare anche una A).

Per oltre 500 anni nessuno ha visto o comunque documentato questa sigla, capace di risolvere la disputa che ha attraversato i secoli sulla presenza di un giovanissimo Raffaello a Fano al fianco del Perugino per l'esecuzione di questa pala d'altare per la chiesa di Santa Maria Nuova in San Lazzaro, commissionata al Vannucci nel 1488 e consegnata solamente nel 1497 quando il pittore urbinate, che negli anni a venire avrebbe fatto innamorare della sua arte il mondo, aveva 14 anni.

Il dettaglio delle decorazioni

Don Silvano Bracci, autore di ricerche storiche e d'archivio e direttore della biblioteca diocesana di Fano, particolarmente attento alle decorazioni degli abiti liturgici nella pittura del '400 e '500, vide queste lettere per la prima volta nel 2012, quando era guardiano del convento e della chiesa francescani di Santa Maria Nuova, salendo sull'impalcatura in occasione di una ripulitura della pala d'altare.

Allora non ebbe modo di fotografare il dettaglio, perciò ha mantenuto il segreto sulla scoperta fino a oggi, ovvero finché non si è ripresentata l'opportunità di documentarla, adesso che la pala di Durante (dal nome del suo committente Durante di Giovanni Vianuti), con lunetta e predella, è esposta nella sala Morganti del palazzo Malatestiano di Fano, dopo il magistrale restauro eseguito dall'opificio delle Pietre Dure di Firenze per il cinquecentenario della morte dell'autore Pietro Vannucci.

E  si può osservare a distanza ravvicinata.

La somiglianza con l'Angelo

«Ero curioso di vedere da vicino la lunetta perché da oltre vent'anni – commenta don Silvano – il San Giovanni a destra della Deposizione mi richiama l'Angelo che nel 1500/1501 Raffaello dipinse nella pala del beato Nicola da Tolentino o Baronci per la chiesa di Sant'Agostino di Città di Castello, smembrata nell'‘800». Un volto che anche attraverso le variazioni cromatiche mostra le emozioni.

Nel contratto per l’opera, Raffaello, a soli 17 anni, veniva già definito “maestro”, segno che aveva acquisito autonomia e notorietà. Don Silvano Bracci evidenzia che è «probabile l'attribuzione a Raffaello del San Giovanni della cimasa fanese per la somiglianza con l'Angelo».

La critica storica

Peraltro, l'intervento di Raffaello nella lunetta veniva riconosciuto fino all'Ottocento, mentre la critica novecentesca ha fatto cadere questa lettura a favore dell'attribuzione all'urbinate della predella, in particolare della tavoletta della Natività della Vergine, ma con pareri contrastanti e una discussione tuttora non risolta. Bracci, ad avallare questa tesi, ricorda come delle due ancelle della Natività si conservino i disegni preparatori attribuiti a Raffaello.

Nei ricami altre 4 R

Ma la novità della sua osservazione risiede nelle iniziali del pittore. Da un'attenta ricognizione della lunetta e della tavola centrale della pala, infatti, si rileva che nei ricami degli indumenti si celano almeno altre 4 R (su Nicodemo, San Ludovico di Tolosa, la Vergine e Maria Maddalena). «Questa ripetizione è impressionante – constata Silvano Bracci –. Forse il Perugino aveva affidato a Raffaello il compito di decorare le vesti».

Nella sua formidabile parabola creativa, che lo avrebbe portato in appena 20 anni a incarnare l'ideale rinascimentale della bellezza e dell’armonia, Raffaello assimilò la lezione del Perugino, interpretandola e superandola con la propria sensibilità come poi avrebbe fatto con altri grandi pittori. Secondo un recente indirizzo storiografico, l'artista adolescente, che aveva ereditato a 11 anni dal padre Giovanni Santi la bottega alla corte dei Montefeltro, non sarebbe stato un garzone bensì un valente collaboratore dell'atelier di Pietro Perugino.

Il riscontro del San Sebastiano

E il riscontro che ciò che si può vedere nella pala di Fano sia una cifra stilistica del giovane Raffaello lo fornisce il San Sebastiano di pochi anni successivo (1500/1501): nel mantello compare una decorazione simile a quelle dell'opera del Perugino, nella quale si celano una R e una S (Sanctius), seppure distanziate.

«Con questo particolare – conclude don Silvano – abbiamo la conferma che il giovanissimo artista è intervenuto con un importante apporto nell'opera peruginesca di Fano confermando la straordinaria precocità del suo ingegno pittorico».

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