Bellucci, il favoloso beffardo. Un personaggio da riscoprire alla Galleria Puccini di Ancona

Amia, mostra Sirio Reali, sullo sfondo il curatore Francesco Maria Orsolini
Amia, mostra Sirio Reali, sullo sfondo il curatore Francesco Maria Orsolini
di Lucilla Niccolini
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Lunedì 22 Gennaio 2024, 03:25

Un personaggio da riscoprire, il fabrianese Sirio Bellucci, cui l'Associazione Marchigiana Iniziative Artistiche dedica una mostra alla Galleria Puccini di Ancona, in Via Matteotti n. 31/A. Nel ciclo espositivo “Aspetti dei linguaggi espressivi dell’arte contemporanea”, risalta questo artista, di cui quest'anno si celebra, a dieci anni dalla morte, il centenario della nascita. 

La figura dell’artista

La sua figura, rievocata in catalogo dal curatore della mostra, il critico e storico dell'arte Francesco Maria Orsolini, è di quelle che meglio identificano il carattere e la fisionomia di chi, dalle Marche, terra per tanti ingrata, ha esplorato il panorama nazionale, per poi tornare alle radici. Attratto dalla ricerca dell’arte contemporanea, frequentò i galleristi Sergio Cicconi e Pio Monti, l’ambiente artistico romano e i suoi protagonisti: Man Ray, Emilio Prini, Mario Merz, Jannis Kounellis, Gino De Dominicis. L’Attico di Fabio Sargentini e Palazzo Taverna lo accolsero in molte occasioni. Fu anche invitato da Achille Bonito Oliva, nel 1973, alla mostra Contemporanea al parcheggio di Villa Borghese. Fu questo il vero esordio sulla scena artistica nazionale, come originale interprete dell’arte concettuale. E nel 1975, fu invitato dalla galleria Toselli di Milano a esporre il ciclo di opere Window open. Eppure, sempre restando defilato da quegli ambienti esclusivi, scelse, alla fine degli anni '70, di tornare alla casa paterna, a Belvedere di Fabriano. Fu un ritorno alle origini, non soltanto logistico e sentimentale, che generò un'interpretazione in chiave “autobiografica e visionaria” dell'arte concettuale.

Pudore, o rifiuto delle logiche feroci del mercato dell'arte italiana? Chi può dirlo.

L'omaggio

All'Amia, e a Francesco Orsolini, va riconosciuto il merito dell'omaggio che gli viene tributato. La mostra, grazie alla collaborazione con l'istituzione Trust/Sirio Bellucci di Fabriano e con collezionisti privati, ci restituisce i capisaldi della sua produzione. Accanto a opere del ciclo delle “Macchie” e di “Giallo/Nero”, risaltano le “combinazioni favolose”. «Lo sdoppiamento percettivo – scrive Orsolini in catalogo - che si prova di fronte ai prevalenti fondi neri di Sirio Bellucci è compreso tra il senso di un gravare scuro e opprimente e il senso di leggerezza della figurazione, colta in un’attesa di evaporazione per i segni chiari e luminosi che la definiscono... La pittura della maturità di Sirio Bellucci è un’autobiografia, una scrittura per immagini che risalgono da una personale profondità della vita. Questa scrittura porta alla luce figure e storie... inattuali, e che riemergono come fossili dal nero dei quadri, il nero di un pozzo senza fondo e di una miniera labirintica». Bellucci, riconoscibile in ogni opera dell'ultimo periodo, in cui la figura dalla sciarpa rossa, presente in tanti quadri, «si cala come una sonda in questa oscurità, la stessa che l’ha generato, getta lumi e barlumi con chiare, colorate, a volte ironiche, intenzioni estrattive. Così appaiono nei dipinti combinazioni “favolose”, una parola che l’artista amava molto».

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