Arturo Cirillo protagonista in “Ferdinando” che debutta in prima nazionale alle Muse di Ancona: «In scena l’amore per i reietti»

Arturo Cirillo protagonista in “Ferdinando” che debutta in prima nazionale alle Muse: «In scena l’amore per i reietti»
Arturo Cirillo protagonista in “Ferdinando” che debutta in prima nazionale alle Muse: «In scena l’amore per i reietti»
di Lucilla Niccolini
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Mercoledì 25 Ottobre 2023, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 11:36

ANCONA - Risale indietro nel tempo, a quasi 30 anni fa, il feeling di Arturo Cirillo con il drammaturgo napoletano Annibale Ruccello. La sua riedizione di “Ferdinando”, di cui è regista e interprete, debutta in prima nazionale domani sera alle 20,30 alle Muse. Co-prodotto da Marche Teatro, lo spettacolo, che apre la stagione di prosa anconetana, sarà replicato fino a domenica.

 
Il suo incontro fatale con “Ferdinando”, interpretato da Isa Danieli, è del ‘96. Arturo Cirillo, la sua prima edizione della pièce è del 2012. Nel frattempo?
«Ho affrontato Ruccello per la prima volta con il Teatro Nuovo, che mi propose il suo “Napoli Hollywood… un’ereditiera?”, stimolante parodia napoletana del film omonimo basato su “Washington Square” di Henry James.

Da allora ho continuato a frequentare questo autore, che ormai sento come un fratello. Mi pare di avere molto in comune con lui. Mi sono cimentato con “Le 5 rose di Jennifer”, ed entrambi i lavori hanno avuto anche un’edizione Rai per la televisione. Poi, come attore, ho interpretato uno dei quattro monologhi di “Mamma”, per la regia di Pierpaolo Sepe».

Poi, undici anni fa, “Ferdinando”.
«Era arrivato il momento di affrontarlo, senza Isa Danieli, che era stata prodigiosa nel ruolo di donna Clotilde. Pensando di fare qualcosa di diverso, affidai la parte a un’attrice non napoletana, Sabrina Scuccimarra. Un esito interessante. D’altra parte, come ha sempre fatto Annibale, mi piace osservare Napoli e la sua tradizione con uno sguardo esterno, distaccato senza essere freddo, per sfuggire agli stereotipi».

Perché ora ha sentito il bisogno di riaffrontare questo dramma?
«Con la complicità di Marche Teatro, cui mi lega un’intesa forte ed efficace, volevo sviluppare meglio alcuni aspetti, che ora mi sono più chiari: in particolare la crudeltà dei personaggi, e la solitudine, la malattia interiore, la disperazione che li induce a essere rancorosi verso la vita. Ruccello ha avuto il coraggio di andare dentro le fissazioni sessuali, senza scandalizzarsi: è la prova del suo amore per i disgraziati, che mette in scena. Non li condanna, ed è questo che deve fare il teatro: aiutarci a comprendere realtà estreme, che siamo portati a condannare, che non vogliamo capire».

Per la parte di Ferdinando, stavolta ha scelto Riccardo Ciccarelli. Un uomo di 33 anni che interpreta un adolescente?
«Non volevo che fosse un ragazzino, come allora, perché, rispetto all’impronta di pedofilia, mi è parso che fosse più importante mettere in rilievo che lui, pur ingenuo al primo apparire, in realtà è meno innocente, più consapevole, drammatico e passionale. Come in “Teorema” di Pasolini, cui Ruccello s’è di certo ispirato, è un estraneo che agisce da provocatore: manipolatore, più che manipolato».

Che attualità, in questo testo, ambientato nell’Ottocento?
«Il contesto è decisamente storico, ma pervaso da un inquietudine, che è difficile non riconoscere nella nostra società, in quest’epoca, in cui si parla tanto di genere e di perversioni sessuali. Quel mondo torbido, contraddittorio, mostra quali deformazioni può assumere, oggi, l’amore. O il sesso. E poi, Ruccello, cresciuto in una famiglia religiosissima, pur non scrivendo affatto un testo antireligioso, denuncia certe derive, casi di esasperazione e deformazione in ambito ecclesiastico».

Come definirebbe, con un aggettivo, questa sua rappresentazione?
«Conturbante, perché tocca cose difficili da toccare, si inoltra in luoghi inesplorati dell’intimo umano».

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