Latella prepara Tasso a Esanatoglia:
«Aminta è un'opera attualissima»

Latella prepara Tasso a Esanatoglia: «Aminta è un'opera attualissima»
di Lucilla Niccolini
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Venerdì 9 Marzo 2018, 13:45
È un regista che ama le sfide, Antonio Latella. Ha messo in scena Moby Dick, La metamorfosi di Kafka, Don Chisciotte e Pinocchio, per approdare a Torquato Tasso, di cui sta allestendo la favola pastorale “Aminta”, con la sua compagnia Stabilemobile. Ha scelto per le prove il teatro di Esanatoglia, alle sorgenti dell’Esino.

Perché proprio Esanatoglia, maestro Latella?
«L’idea è nata da una generosa intuizione di Gilberto Santini, con cui domani (oggi per chi legge, ndr) terrò una conversazione pubblica sulla mia “lettura” del testo. Quando gli dissi che cercavo un luogo privilegiato, in cui isolarmi per lavorare sull’Aminta con i miei attori, mi ha proposto questa cittadina e ha avuto ragione: qui siamo riusciti a raggiungere il grado di concentrazione necessario».

Perché proprio l’Aminta, una storia struggente ma forse… datata?
«Rileggendo oggi l’Aminta non si può fare a meno di trovarvi qualcosa di contemporaneo. Trovo interessante questo testo, proprio oggi che i giovani, col loro linguaggio sincopato e rap, in fondo si esprimono in versi. La potenza del ritmo rap è la stessa di un testo versificato. È la riscoperta della forza della parola».

Ma ninfe e pastori non sono lontani dalla nostra sensibilità?
«Vorrei che fosse chiaro che non porto in scena amorini e caprette, che nel Tasso non c’erano. Il valore dell’Aminta è politico».

In che senso, politico?
«Nella figura del satiro, il cattivo, il violento, che arriva a dire cose incredibili. Accusa la ninfa Silvia, che vuole far sua, di rifiutarlo perché lui non è ricco. Il satiro è fattore fondamentale per lo scatto dell’azione, per l’evoluzione dei sentimenti dei protagonisti, cioè della ninfa e del pastore Aminta. È un personaggio necessario. Potrei farle un confronto. Lui è come Giuda nel riscatto dell’umanità da parte di Cristo; è fondamentale il suo tradimento perché tutto si compia. E qui, la sua violenza serve a raggiungere la conoscenza, la consapevolezza del vero concetto di amore».

Qual è?
«Natura, non intellettualismo. L’amore di cui tutti abbiamo paura, perché è una forza che non sappiamo controllare. E lo fraintendiamo. L’amore non è l’innamoramento, non è il gioco della seduzione o il colpo di fulmine, che sono solo chimica. È un’altra cosa, lo costruisci nel tempo, ha bisogno di ascolto e di tempo. È lui che ti guida».

Nelle note di regia lei parla di “vertiginosa verticalità della lingua”: in che senso?
«I versi vanno più in profondità della prosa, anche nel corpo dell’attore, che deve farsi attraversare dalla parola. Non possono essere “detti”, ma risultano “inventati”ogni volta di nuovo, senza orpelli di regia».

Una ricerca di purezza, a scavare sul significato della parola, in che tipo di scenografia?
«All’insegna del minimalismo».

Che affinità ha trovato in Tasso?
«La vocazione, anche se può sembrare un termine fuori moda: della regia, del teatro o della scrittura. Lo dice il Tasso: “la mia condanna e la mia bellezza sono perseguire la mia strada, contro tutto e contro tutti”».

Che strategia ha adottato per comunicare al pubblico questo testo d’altri tempi?
«Nessuna, seguendo solo l’esigenza di far riascoltare ai contemporanei la parola dei nostri padri, di un autore di cui siamo figli, molto più grande di noi. L’esigenza di tornare ad ascoltare qualcosa di puro, di diverso dalle provocazioni pornografiche dei nostri giorni».

Il debutto in autunno sarà a Macerata
“Aminta” di Torquato Tasso, per la regia di Antonio Latella, debutterà a Macerata in autunno. E mentre a Esanatoglia proseguono le prove con la compagnia Stabilemobile, oggi alle 18,30 al Teatro comunale, il regista converserà con il direttore dell’Amat, Gilberto Santini, per illustrare al pubblico il suo progetto di allestimento. La residenza offerta a Latella, nell’ambito di AbitiAmo le Marche, rientra nel programma promosso da Mibact, Consorzio Marche Spettacolo e Amat con il Comune. Si intende sostenere la ricostruzione a favore delle comunità colpite dal sisma, attraverso la promozione dello spettacolo dal vivo, nella consapevolezza del ruolo primario che la cultura può svolgere per favorire la coesione e rinnovare l’identità.
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