Smart working, tutti i dipendenti del Comune richiamati in ufficio. I sindacati: «Atto allucinante»

Lo smark working è oggetto di uno scontro sindacale
Lo smark working è oggetto di uno scontro sindacale
di Lorenzo Furlani
5 Minuti di Lettura
Sabato 3 Luglio 2021, 10:33

FANO - Una modalità di lavoro privilegiata piuttosto che funzionale al servizio ed efficiente. Così, secondo l’amministrazione comunale, viene vissuto dai dipendenti lo smart working, il lavoro a domicilio con la tecnologia reso finora necessario per la profilassi anti Covid. Cosicché, ora che l’emergenza sanitaria si è attenuata, tutti i lavoratori devono rientrare in sede da mercoledì 7 luglio e chi rivendica condizioni di salute per proseguire lo smart working deve documentarne le ragioni, che comunque saranno sottoposte al giudizio del dirigente del personale.

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Le valutazioni
Queste sono la decisione e le valutazioni dell’amministrazione, contenute in una delibera di giunta e in una conseguente circolare del dirigente di due giorni fa, che hanno improvvisamente fatto precipitare le relazioni sindacali all’interno del Comune di Fano.

Repentina e vibrante è la reazione dei sindacati. «Delibera allucinante, eluse tutte le normative», protestano. In una nota congiunta, Cgil Cisl e Uil contestano le disposizioni, ritenendole illegittime riguardo ai lavoratori fragili, autorizzati per legge a proseguire il lavoro cosiddetto agile fino al 31 luglio (salvo proroga dello stato di emergenza sanitaria nazionale oltre tale termine), e additandole come lesive della dignità di tutti i lavoratori.

I passaggi critici
La delibera, approvata il primo luglio dalla giunta (tra l’altro in videoconferenza per l’emergenza pandemica), dispone il “superamento dello smart working quale modalità emergenziale di lavoro dei dipendenti comunali per Covid-19” sulla spinta della legge per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali e stabilisce “che, a far data 7 luglio 2021, il lavoro in presenza è l’ordinaria modalità di prestazione dell’attività lavorativa”.
Due i passaggi critici. Il primo nella delibera sull’inadeguatezza del personale per il lavoro agile che richiede “un radicale cambio di mentalità..., una diversa etica del lavoro; occorre una nuova generazione di dipendenti pubblici; tale modalità lavorativa è vissuta in buona fede dai dipendenti più come benefit personale e familiare che come modalità fungibile dell’attività lavorativa”.

La circolare contestata
Il secondo nella circolare del dirigente Pietro Celani: “L’autorizzazione allo smart working non è un diritto del dipendente pur in presenza dei presupposti di salute previsti dalla citata delibera ( immunodepressi, invalidi, assuntori di cure salvavita, isolati o positivi al Covid senza certificato di malattia, malati psichiatrici, ndr) e pertanto il sottoscritto si riserva di valutare caso per caso le richieste pervenute”.

La reazione di Cgil, Cisl e Uil
Il giorno dopo, i responsabili sindacali della funzione pubblica, Vania Sciumbata di Cgil, Francesco Todaro di Cisl e Maria Grazia Tiritiello di Uil, hanno replicato manifestando «non poco stupore e disappunto». Rilevano che «fino al 31 luglio per lo meno (o fino a nuove disposizioni normative) i lavoratori fragili già individuati come tali e per i quali il medico competente dovrebbe aver già adempiuto a quanto di competenza, dovranno continuare a prestare la propria attività lavorativa in modalità agile». Disposizioni incoerenti potrebbero comportare le violazioni della privacy e delle norme a tutela di salute e sicurezza.

«Dignità dei lavoratori lesa»
Le altre considerazioni contenute nella delibera, per i sindacati, «appaiono lesive della dignità dei lavoratori» e «rendono evidente che l’Amministrazione non è sufficientemente attrezzata per propria responsabilità rispetto alla necessaria modernizzazione dei mezzi. Lo smart working va considerato come strumento che aumenta le potenzialità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (delusione per l’assessora Sara Cucchiarini che oltre al personale ha anche la delega alle pari opportunità, ndr), Per farlo funzionare è sufficiente avere assessori e dirigenti che ne apprezzino le potenzialità, il personale è già pronto da tempo, sarebbe utile che fosse fornito degli strumenti operativi, dei percorsi di qualificazione professionale e della formazione costante che chiediamo, inascoltati, da tempo». 

Più della metà dei 460 dipendenti del Comune lavora già in presenza. Come richiamato anche nella delibera, la legge prevede che il lavoro agile si applichi almeno al 15% dei lavoratori, che ne facciano richiesta; pertanto, i sindacati attendono di potersi confrontare con l’amministrazione comunale sul tema.

La replica della giunta
«In questa fase di normalizzazione del rischio epidemiologico, il Comune di Fano ha ritenuto doveroso privilegiare gli interessi dei cittadini e delle imprese ripristinando il lavoro in presenza, quale ordinaria modalità di prestazione dell’attività lavorativa. Lo smart working applicato in modo massivo compromette l’efficienza e l’efficacia di servizi comunali». Questo il pensiero del sindaco, dell’intera giunta e del capo gabinetto in merito alla contrarietà dei sindacati sulla decisione di far tornare i dipendenti comunali al lavoro in presenza.

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