Il liceo Classico non va più di moda, i professori (e un commissario) spiegano perché è un errore

"Ma Eco ci aveva assolto"

Il liceo Classico non va più di moda, i professori (e un commissario) spiegano perché è un errore. Foto generica
Il liceo Classico non va più di moda, i professori (e un commissario) spiegano perché è un errore. Foto generica
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 2 Febbraio 2023, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 07:56

ANCONA Quello del liceo Classico può considerarsi un declino inarrestabile? Mentre si impone l’esigenza di perseguire una transizione tecnologica ed energetica, attraverso la preparazione scientifica, le dottrine umanistiche appaiono all’opinione pubblica obsolete e inadeguate a dare alle nuove generazioni strumenti per costruire il futuro. Ma c’è ancora chi continua a considerare la preparazione garantita dagli studi umanistici un volano per gestire il nuovo e il complesso, che avanzano.

 


I vantaggi


Ne è convinto il professor Luigi Mascilli Migliorini, docente di Storia del Mediterraneo moderno e contemporaneo all’Università Orientale di Napoli, che ha frequentato il Rinaldini ad Ancona. «Nell’epoca contemporanea, due sono i vantaggi degli studi classici. Constato ogni giorno che gli studenti di oggi trovano difficoltà nel padroneggiare la costruzione di un discorso complesso. Non è solo una questione di sintassi, ma di modalità di ragionamento. Noi pensiamo per subordinate, e occorre, per ragionare e prendere decisioni, sapere le regole della consequenzialità. Se vogliamo dominare la realtà, non basta saper usare il digitale». Qual è il rischio per la società tecnocratica? «Che si allarghi la forbice tra quelli che padroneggiano strutture complesse, contaminando saperi, e quelli che non lo sanno fare. In apparenza, oggi vincono quelli che sanno fare bene una cosa, e basta, ma per innovare davvero serve far interagire le discipline».

Il metodo


È quello che sostiene anche Giulietta Breccia, dirigente scolastica del Rinaldini fino a pochi anni fa. «Gli studi classici forniscono un metodo di studio solido, sintetico ma anche analitico, che si può applicare, negli studi universitari, a qualunque indirizzo.

E poi, nella vita e nella professione, a ogni attività». Però gli studi classici richiedono un impegno costante, che oggi i giovani rifiutano. «Forse anche per questo - continua la preside Breccia - il liceo classico ha perso appeal. Però c’è un altro aspetto da tenere presente». Per spiegarlo, evoca un “processo al Classico”, che si tenne a Torino nel 2014. «Vi partecipò, con l’economista Andrea Ichino, lo stesso Umberto Eco. Il quale, assolto il Classico con formula piena, volle avvertire che doveva assolutamente rinnovarsi, darsi un’impostazione meno rigida. Nel tempo, infatti, vari prestigiosi licei hanno diversificato i piani di studio, con l’indirizzo biomedico, quello internazionale, e con il cosiddetto P-greco. Si deve andare avanti su questa strada, fare di più, potenziare le discipline Stem. Dare al Classico anche una forte impronta scientifica, accanto a quella umanistica».


La citazione 


«Agli studenti che credono di acquisire una competenza a scuola, mi piace rispondere come fece Derek Curtis Bok: «Se venite qui per imparare una professione, sprecate i vostri soldi». A citare il primo rettore dell’Università di Harvard, è Ivano Dionigi, prof pesarese di Filologia Classica, già rettore dell’Università di Bologna. «La scuola - continua - non deve insegnare un mestiere, ma i fondamentali. Diceva Michel de Montaigne che c’è bisogno di teste ben fatte e non di teste ben piene. Ed è la preparazione classica a consentire di rintracciare un continuum tra il noto, il nostro passato, e il nuovo. Ricordo che Ciampi riconosceva a Scevola Mariotti di avergli insegnato, attraverso la decifrazione di papiri e codici, a orientarsi nei conti dello Stato. Oggi abbiamo bisogno di un “ingegnere rinascimentale”».
Dagli scranni del Senato, l’ascolano Guido Castelli, da poco nominato commissario alla ricostruzione, conferma: «Frequentare il liceo classico ha sviluppato il mio spirito critico, che mi permette di affrontare qualsiasi complessità. Esso è il pavimento della conoscenza».
 

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