Padre Raniero nominato vescovo: «Grazie Papa Francesco, un premio a 40 anni di predicazione»

Padre Raniero nominato vescovo: «Grazie Papa Francesco, un premio a 40 anni di predicazione»
Padre Raniero nominato vescovo: «Grazie Papa Francesco, un premio a 40 anni di predicazione»
di Francesco Massi
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Mercoledì 28 Ottobre 2020, 09:18

COLLI DEL TRONTO - Sorpresa e gratitudine nelle parole delicatamente gentili di Padre Raniero Cantalamessa, 86 anni, frate cappuccino, originario di Colli del Tronto, predicatore ufficiale della Casa Pontificia nominato da Papa Giovanni Paolo II, che sarà nominato cardinale (non elettore perché ultraottantenne) da Papa Francesco nel prossimo concistoro straordinario del 28 novembre.

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Padre Cantalamessa sarà il quarto cardinale tra gli attuali originari delle Marche.

Si aggiunge ad Edoardo Menichelli di Serripola di San Severino Marche, Sergio Sebastiani di Montemonaco e Antonio Maria Vegliò di Macerata Feltria.

 
Padre Raniero, con quali sentimenti ha accolto questo annuncio? 
«Sono contento. Mi sembra più un riconoscimento della mia parola che ho portato nella Chiesa che della mia persona. Sono 40 anni che faccio il predicatore della Casa Pontificia. Conoscevo Bergoglio molto prima che diventasse Papa, quindi da parte sua è stato un gesto anche di un amico di vecchia data». 
Qual è il ruolo di un cardinale oggi?
«I cardinali sono i consiglieri più vicini al Papa. È un’istituzione che esprime l’universalità della Chiesa, specialmente oggi che i cardinali sono di tutti gli angoli della terra. C’è attualmente la necessità di veicolare sempre più al Papa le esigenze delle periferie della Chiesa». 
Come porterà avanti questo nuovo incarico? 
«Continuerò in quello che ho sempre fatto. Fin dal prossimo Avvento devo predicare di fronte al Papa, ai cardinali, poi il venerdì santo, covid permettendo. Quindi le predicazioni che faccio in varie parti del mondo, ora meno perché sono anziano, come l’anno scorso con gli esercizi spirituali ai vescovi degli Stati Uniti». 
Padre Cantalamessa, come vede questa apertura di Papa Francesco alle unioni civili per i gay? 
«Guardi, non ho approfondito la questione come merita e non saprei dare ancora una risposta».
A proposito di pandemia, cosa l’essere umano può imparare da questo periodo difficile? 
«Innanzitutto la fraternità come dice il Papa. Nessuno si salva da solo. Anche se ognuno è preoccupato per sé, per i cari, giustamente, non bisogna chiudersi in se stessi. O ci salviamo insieme o periamo insieme. Fraternità significa riscoprire che al di là delle differenze ideologiche o di razza abitiamo tutti questo pianeta. Per i credenti c’è anche l’insegnamento di non scommettere tutto sulla ricchezza, il prestigio, il successo su questa vita. La preghiera ad esempio ci aiuta ad entrare in quest’ottica di fraternità, di altruismo».
Cosa può dire a chi ritiene che l’essere umano non si merita questa sofferenza? 
«Se guardiamo solo con la ragione non veniamo a capo del problema della sofferenza che c’è nel mondo. Il dolore non è mai sterile, mai sprecato, non è una maledizione. Non è facile per nessuno. Rimane un mistero da rispettare. A chi mi chiede da credente come affrontare questa situazione rispondo di pensare a Cristo sulla croce, che era uomo ma anche Dio».
Lei è stato predicatore della Casa pontificia con tre Papi di cui uno diventato santo. Come è stata questa esperienza? 
«Dovendo proclamare la parola di Cristo e non la mia filosofia mi sono sentito sempre tranquillo. Pensare che il Papa, con tutto quello che ha da fare, trova il tempo ogni venerdì mattina di Avvento o Quaresima di lasciare tutto e venire ad ascoltare un semplice sacerdote è una predica che ricevo io». 
Tornerà nelle Marche? 
«Non dimentico mai la mia regione. Quando mi chiedono di dove sono rispondo: sono marchigiano non per merito mio. Mi capita di tornare. Poi una volta l’anno d’estate ci vediamo nelle Marche con mia sorella».

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